Villani intuitu personae' e 'villani respectu tenimentorum'. Vincoli di dipendenza personale e categorie del diritto comune nella sicilia dei secoli XII-XIII

AutorOrazio Condorelli
Páginas25-109
“VILLANI INTUITU PERSONAE” E “VILLANI
RESPECTU TENIMENTORUM”. VINCOLI DI
DIPENDENZA PERSONALE E CATEGORIE DEL
DIRITTO COMUNE NELLA SICILIA DEI SECOLI
XII-XIII1
orazio condorelli
Sommario: 1. Introduzione, per definire la prospettiva dell’indagine. – 2. Vil-
lani, coloni, servi della gleba, ascrittizi nello specchio della legislazione nor-
manna per il Regnum Siciliae: a) il confugium ad ecclesiam; b) legami con la
terra, vincoli personali, favor Ecclesiae: l’ordinazione degli adscripticii; c) fa-
vor clericorum e favor libertatis in una norma interpretativa: il rescriptum pro
clericis. – 3. Radici “scolastiche” della legislazione normanna. Coloni, ascrit-
tizi, servi della gleba nell’elaborazione della scienza giuridica: a) Servus glebe:
da una “invenzione” irneriana ai tentativi di sistemazione scolastica (Alberico
e Azzone); b) Villani nostri. Roffredo Beneventano: una rottura degli schemi
scolastici? Riflessi dottrinali nella legislazione federiciana. – 4. Convergenze
canonistiche. – 5. La “veste di Arlecchino”. Spigolature dalla documentazione
siciliana e meridionale: a) Villani di Sicilia nello specchio di due documenti
di Cefalù (1279, 1329); b) Villani al tempo dell’insediamento normanno in
Sicilia; c) Villani saraceni e villani cristiani; d) Villani e prestazione di ser-
vizi personali (angariae); e) Ipotesi di classificazione dei villani musulmani
siciliani; f) Uno sguardo su alcune fonti del Mezzogiorno italiano, con riferi-
menti all’ordinazione dei villani; g) Epilogo in Sicilia, 1335-1343. – 6. “Non
propriamente liberi, né propriamente servi”. Al modo di una conclusione.
1 Professore ordinario di Diritto Ecclesiastico e Canonico – Università di Catania.
Questo scritto, con il quale ho accolto il gradito invito pervenutomi dalla Coordinatrice
del progetto e Curatrice del presente volume, si inquadra nel contesto di più ampie ricerche
che sto conducendo sulla politica ecclesiastica e la legislazione del Regno normanno di Sicilia.
Le indagini finalizzate alla stesura di queste pagine si collocano pertanto anche nell’ambito del
progetto di ricerca “Religione e diritto. Le identità dell’Europa nell’esperienza storica”, in
corso di svolgimento presso Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Catania.
26 el derecho frente a la relacion del hombre con la tierra
1 INTRODUZIONE, PER DEFINIRE LA PROSPETTIVA
DELL’INDAGINE
La Sicilia normanna costituisce un territorio – fisico e storiografico – che
da tempo si è imposto quale significativo e peculiare campo di osservazione
delle dinamiche storiche concernenti il rapporto dell’uomo con la terra, le
condizioni di libertà e servitù, le relazioni di dominio e dipendenza interne
alle istituzioni signorili. Mi riferisco, in particolare, ai vincoli di dipendenza
che si collocano nello spazio non precisamente definito che sta tra i due estre-
mi della piena libertà e della schiavitù in senso proprio. Spazi entro i quali,
nei diversi tempi e nei differenti luoghi, si costituivano vincoli tanto variabili
nei contenuti, nelle forme e nelle qualificazioni, da potere apparire come un
mondo “variopinto come la veste di Arlecchino”, secondo l’efficace immagine
coniata da Marc Bloch2. Una consapevolezza, peraltro, che non era mancata
ai più acuti osservatori medievali di tali fenomeni consuetudinari3.
In questo mondo, dove la variabilità e l’irregolarità dei fenomeni sem-
brano rendere vani i tentativi di riduzione della molteplicità entro schemi di
“razionalizzazione” storiografica, il diritto medievale aveva tentato di mette-
re ordine. Artefici di questo processo furono anzi tutto i giuristi, grazie agli
strumenti offerti dai testi giustinianei riscoperti a cavaliere tra xi e xii secolo
e riutilizzati come base di un nuovo diritto comune. A Irnerio e ai glossatori
dei libri legales si affiancarono i canonisti, con effetti convergenti perché
scaturenti da un patrimonio canonico tributario esso stesso della legislazione
imperiale tardoantica.
Credo si debba convenire con chi ritiene, contro ogni negazione o scetti-
cismo, che le categorie giuridiche e le “forme” emergenti da norme emanate
per disciplinare una realtà, sia pur lontana nel tempo, quale il colonato ro-
mano non siano state astrazioni prive di effetti sulla “vita reale” della società
medievale: al contrario, le elaborazioni della scienza giuridica mostrano di
avere avuto la forza di incidere sulla configurazione concreta e sulle dinami-
che evolutive del servaggio medievale4.
2 Marc Bloch, Signoria francese e maniero inglese. Lezioni sulla proprietà fondiaria in
Francia e Inghilterra (traduzione italiana dell’originale francese, Paris, Colin, 1960, Milano,
Feltrinelli, 1980) 121, ricordato da Vincenzo D’Alessandro, ‘Servi e liberi’, Uomo e ambiente nel
mezzogiorno normanno-svevo. Atti delle ottave giornate normanno-sveve, Bari 20-23 ottobre
1987, a cura di Giosuè Musca (Università degli Studi di Bari, Centro di Studi normanno-svevi,
Atti 8; Bari, Dedalo, 1989) 293-317 (304) e più recentemente da Sandro Carocci, ‘Angararii e
franci. Il villanaggio meridionale’, Studi in margine all’edizione della platea di Luca arcivescovo
di Cosenza (1203-1227), a cura di Errico Cuozzo e Jean-M. Martin (Avellino, Sellino editore,
2009) 205-241, che cito dalla versione digitale distribuita da “Reti Medievali”, www.retimedie-
vali.it (pp. 1-30: qui 29).
3 È il caso, almeno, di Roffredo Beneventano: v. infra, § 3 b).
4 Sul punto condivido le osservazioni di Emanuele Conte, Servi medievali. Dinamiche del
diritto comune (Ius Nostrum 21; Roma, Viella, 1996) 23-27, a proposito del giudizio di Marc
“Villani intuitu personae” e “villani respectu tenimentorum” 27
In questo quadro estremamente complesso, le fonti della legislazione
normanna per il Regnum Siciliae offrono agli storici innumerevoli spunti
originali per lo studio dei vincoli di dipendenza personale: questo in ragio-
ne delle indubbie peculiarità di un Regnum formatosi attraverso azioni di
conquista militare, della variegata composizione etnico-religiosa della po-
polazione (greci, latini e arabo/musulmani), dei caratteri di un ordinamento
politico spiccatamente connotato da una visione maiestatica e pubblicistica
del potere, che incide fortemente sulle relazioni tra sudditi e sovrano e
condiziona le modalità di esistenza e di azione dei poteri feudali e signorili
intermedi5.
In una consolidata e rispettabile tradizione storiografica, che fino ai nostri
giorni ha dato pregevolissimi contributi di ricostruzione e interpretazione, i
vincoli di dipendenza che connotano la condizione dei lavoratori della terra
sono comunemente qualificati col termine “villanaggio”6: etichetta tutt’altro
che arbitraria, in quanto rispecchia il linguaggio delle fonti medievali, e che
Bloch sulla categoria di “servi della gleba”, che lo storico francese considerava inadeguata alla
comprensione della condizione di coloro che “il popolo del Medioevo aveva mirabilmente chia-
mati ‘uomini di corpo’ ”; e di come questo giudizio fu recepito nella storiografia medievistica
coinvolgendo non solo la lettura dei giuristi medievali ma in certa misura la stessa prospettiva
giuridica di analisi del fenomeno del servaggio. Cfr. Marc Bloch, ‘Serf de la glèbe’ (1921),
incluso nei suoi Mélanges historiques I (Paris, SEVPEN, 1963) 356-373; e qui ripreso nella
traduzione italiana, ‘Servo della gleba’, La servitù nella società medievale (Firenze, La Nuova
Italia Editrice, 1975) 265-305 (296). Ulteriori interessanti argomentazioni si leggono in Ema-
nuele Conte, ‘Le trasformazioni della servitù fra teoria e pratica’, in Id., Diritto comune. Storia
e storiografia di un sistema dinamico (Bologna, Il Mulino, 2009) 129-155. In termini più gene-
rali, ma anche con riferimento alle questioni sottese alla presente ricerca, è opportuno segna-
lare l’incisiva presa di posizione di Manlio Bellomo, Elogio delle regole. Crisi sociali e scienza
del diritto alle origini dell’Europa moderna, prefazione di Pietro Barcellona (Saggi. Studi Giu-
ridici Economici Sociali 1; Leonforte, Euno edizioni, 2016), in particolare le pagine sul “corag-
gio di Irnerio” e sul ruolo della scienza giuridica nell’opera di destrutturazione del sistema
feudale e signorile (73-92).
5 Sui caratteri istituzionali del Regnum Siciliae in epoca normanna e sulla figura sto-
rica del suo primo sovrano è il caso di rinviare almeno ai lavori di Mario Caravale, Il Regno
normanno di Sicilia (Ius Nostrum, 10; Milano, Giuffrè, 1966); Id., Ordinamenti giuridici del
rinascimento medievale (Bologna, Il Mulino, 1994) 348-361; e Hubert Houben, Ruggero II di
Sicilia. Un sovrano tra Oriente e Occidente (Centro Europeo di Studi Normanni, Ariano Irpi-
no: Collana di Fonti e Studi 8; Roma-Bari, Laterza, 1999). La biografia di Ruggero II pubbli-
cata da Erich Caspar nel 1904 a Innsbruck costituisce tuttora un classico, fondamentale
studio di riferimento; il volume è stato recentemente tradotto in lingua italiana: Ruggero II e
la fondazione della monarchia normanna di Sicilia, con un saggio introduttivo di Ortensio
Zecchino (Centro Europeo di Studii Normanni, Collana di Fonti e Studi 7; Roma – Bari,
Laterza, 1999).
6 Mi riferisco in particolare allo studio di Illuminato Peri, Il villanaggio in Sicilia (Paler-
mo, Manfredi, 1965), ora ristampato nel volume Villani e cavalieri nella Sicilia medievale
(Biblioteca di Cultura Moderna 104; Bari, Laterza, 1993) 3-121. Dello stesso autore si veda
anche Uomini città e campagne in Sicilia dall’xi al xiii secolo (Biblioteca Universale Laterza
309; Roma – Bari, Laterza, 1990).

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