Il testo giuridico, apolide in una tipologia dei testi? Alcune riflessioni

AutorPatrizia Brugnoli
CargoTraduttrice - Ambasciata Britannica di Roma
Páginas43-59

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Ai miei genitori, Annamaria e Domenico, e ai miei fratelli, Giuseppe e Francesca, per il sostegno morale e l’affetto che mi hanno dimostrato negli anni dei miei studi. E, oggi, a Robert.

1. Che cos’è il testo giuridico?

La domanda oggetto dell’articolo, volutamente provocatoria, c’introduce direttamente al cuore del problema: è possibile definire una tipologia dei testi collocandovi all’interno il «testo giuridico»?. Per rispondere a questa domanda bisogna innanzitutto definire «il testo giuridico». Studio- si di lingua giuridica e non solo propongono definizioni diverse: ad esempio, Martín Hita parla di «testo giuridico» per indicare qualsiasi testo espresso in lingua giuridica (1996: 64). Abdel Hadi accoglie una definizione di «testo giuridico» più in linea con i canoni giuridici che linguistici:

le texte juridique peut être défini comme étant celui qui entraîne la création de droits ou d’obligations et indépendamment de son auteur et des termes employés. (Viezzi 1994: 10).

E’ interessante notare come quest’ultimo autore distingua tra testi giuridici «par nature» e testi giuridici «par destination»: in quest’ultima categoria, lo studioso include tutti i testi letterari, commerciali, di filosofia o di economia che sono suscettibili di diventare testi giuridici a seconda dell’uso che ne viene fatto (1994: 11). Questo significa che anche un certificato medico, un attestato scolastico, richiesto da un tribunale e messo agli atti, ovvero rientrante a vario titolo in un ambito giuridico, può far parte della categoria «testo giuridico».

Anche Mortara Garavelli (2001: 8-9) accoglie questo concetto ampio di testo giuridico: dapprima l’accademica definisce il «testo giuridico» come la realizzazione del «linguaggio giuridico», ovvero degli usi linguisti-Page 44ci in diversi settori giuridici quali la legislazione, la giurisprudenza, l’amministrazione pubblica, ecc. Tuttavia, l’autrice, citando Belvedere, estende il concetto di «testo giuridico» precisando che la «giuridicità» è riferibile non solo «ai discorsi (teorico-interpretativi) della dottrina ed a quelli (interpretativo-applicativi) della giurisprudenza (o di altri organi pubblici)» ma anche a «qualsiasi discorso (non importa fatto da chi) che esprima la valutazione giuridica (più o meno corretta) di una situazione reale o immaginaria» (Mortara Garavelli 2001: 9).1

A tale riguardo Mortara Garavelli sottolinea che l’attenzione si sposta dal linguaggio giuridico ai «temi» giuridici dei discorsi e, conseguentemente, alle loro differenze ed interferenze che poi sono differenze ed interferenze di classi di testi. Infatti insieme ai testi giuridici per antonomasia sempre più incontriamo testi dov’è evidente l’interdisciplinarietà tra diritto e altri ambiti come quello, ad esempio, dell’economia. Questi tipi di testo vengono denominati «testi misti» (Viezzi 1994: 10), testi che presentano al loro interno frammenti tipologicamente «anomali», vale a dire non in sintonia con l’impianto generale del testo.

Oltre alle interferenze tra classi di testi, si hanno anche interferenze interne all’ambito del diritto e, quindi, al suo linguaggio, come quelle tra linguaggio giuridico e una sottoclasse di questo, il linguaggio amministrativo-burocratico. Questo si spiega col fatto che la tradizionale e netta bipartizione del diritto in pubblico e privato va scomparendo come ha ben messo in luce Cuocolo. Il giurista ha sottolineato che la distinzione tra diritto pubblico e diritto privato sembra oramai superata dalla pratica, «posto che il confine tra diritto pubblico e privato si presenta mobile, sia per l’aumento delle materie e delle discipline ritenute di rilevanza pubblicistica, sia per il sorgere di zone sempre più ampie di interferenza fra disciplina privatistica e disciplina pubblicistica» (1994: 13). La prima conseguenza è che anche i confini tra vari rami del diritto, ossia le varie partizioni fondamentali del diritto in cui la lingua giuridica viene applicata (solo per menzionarne alcuni, per il diritto privato: civile e commerciale, delle assicurazioni, tributario, del lavoro, fallimentare; per il pubblico: costituzionale, urbanistico, amministrativo, regionale, penale e processuale ecc...), sono sempre più labili, sempre meno delineati e vi è una continua osmosi, un’alimentazione reciproca.

Il venir meno della rigida schematizzazione diritto pubblico-diritto privato ha fatto sì che anche i testi giuridici testimonino una crescente inter- disciplinarità dei rami del diritto che, in termini linguistici, si traduce in uno scambio crescente tra termini giuridici.

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1.1. Criteri di classificazione dei testi giuridici

Prima di illustrare alcune proposte di tipologie dei testi all’interno delle quali è stato collocato il testo giuridico, è essenziale mettere in evidenza che i metodi adottati dai linguisti per suddividere i testi giuridici non sono i medesimi usati dai giuristi per inquadrare le fonti del diritto, anche se recentemente è stata illustrata una proposta di classificazione dei testi giuridici che prende spunto proprio dalle partizioni tipiche del diritto2.

Nella lingua giuridica non si parla di «testi giuridici» ma si parla di «fonti del diritto» per indicare tutti gli atti o i fatti ai quali un ordinamento giuridico conferisce l’attitudine a produrre, a modificare, o abrogare norma giuridiche. La molteplicità di fonti nell’ordinamento, ad esempio, italiano impone la necessità coordinarle e classificarle secondo dei criteri, il principale dei quali è quello gerarchico. Secondo tale principio, la Costituzione italiana, le leggi di revisione costituzionale e le leggi costituzionali si collocano sul gradino più alto della scala gerarchica delle fonti. Sul gradino inferiore si collocano sia le fonti primarie di primo grado, quali ad esempio le leggi ordinarie dello stato, i decreti legge, gli Statuti delle Regioni ordinarie, ecc., sia le fonti primarie di secondo grado, quali le leggi regionali delegate dallo Stato e i decreti legislativi, e via di seguito.

Per i linguisti, invece, questa classificazione e questi criteri sono ininfluenti poiché, come spiega Cortelazzo (1997: 39) tra diversi generi di testi normativi (la legge ordinaria, il decreto legge, la legge costituzionale, lo Statuto regionale, ecc… ) non c’è differenza dal punto di vista linguisticotestuale, ma unitarietà poiché costituiscono un’unica classe, priva di differenziazioni interne. Inoltre i linguisti tendono ad accogliere una definizione di testo giuridico molto più ampia rispetto a quella accolta dai giuristi, come si avrà modo di illustrare in seguito: il linguista potrà considerare «testo giuridico» anche l’arringa dell’avvocato, la motivazione di una sentenza, la conversazione tra avvocati, la polizza assicurativa, il verbale di un dibattimento in aula, ecc.

Ma quali sono i criteri di classificazione adottati dai linguisti per inquadrare i testi giuridici?

La difficoltà nel costruire un modello testuale adeguato, inteso come schema o modello generale di elaborazione linguistica dell’esperienza (Della Casa 1994: 82), nasce soprattutto dal fatto che per creare un modello soddisfacente si devono tenere in considerazione più parametri che tendo-Page 46no a variare a seconda dell’autore (Mortara Garavelli 1988: 157) e che, talvolta, mancano di omogeneità (1988: 157). Anche Della Casa sottolinea che

Dal momento che un testo rappresenta un evento comunicativo complesso costituito da più fattori (forma, contenuti, funzioni, partecipanti, canale di trasmissione, ecc.), i criteri in base ai quali costruire una tipologia possono essere di varia natura: di qui la varietà delle classificazioni prospettate (1994:73).3

Nel presente articolo non ci addentreremo nella presentazione di tutte le tipologie proposte, né all’interno delle discussioni che ne sono seguite. Ai fini del nostro articolo, ci limiteremo solo a menzionare alcune tipologie che hanno avuto più largo seguito e hanno cercato di trovare una collocazione adeguata al «testo giuridico».

1.1.1. ll testo giuridico in alcune tipologie di testi: Beaugrande-Dressler, Werlich e Sabatini

Un primo modello, che ha avuto grande fortuna, è quello impostato da Beaugrande-Dressler (1984) che individua nel continuum della fenomenologia testuale «testi descrittivi», «testi narrativi» e «testi argomentativi». Tale tripartizione che si basa su una tipologia «funzionalistico-cognitiva» viene effettuata in base alle seguenti variabili extralinguistiche che influenzano direttamente le caratteristiche linguistiche del testo:

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a) lo scopo che l’emittente si prefigge; b) il destinatario a cui intende rivolgersi; c) le circostanze in cui avviene lo scambio comunicativo.

Nei testi descrittivi la funzione principale pertanto è quella di delineare le caratteristiche di una persona, paesaggio o oggetto; nei testi narrativi è quella di raccontare un fatto, una storia e nei testi argomentativi di sostenere una tesi attraverso un ragionamento logico proponendo argomenti a favore e confutando le opinioni contrarie. All’interno di questa tipologia, nel modo testuale argomentativo, che si propone di convincere il destinatario e la cui finalità è di persuadere, si può pertanto collocare, per esempio, un’arringa di un avvocato, un articolo di natura dottrinale su una teoria di filo- sofia del diritto, o un colloquio tra due avvocati. Nei testi giuridici qui portati come esempio, l’intento di convincere è esplicitamente dichiarato e vengono adottate chiare strategie che mirano a fare appello al ragionamento.

All’interno del modo narrativo può trovare cittadinanza la parte della sentenza che spiega lo svolgimento del processo e il cui intento è informativo. E ancora, come ben rileva Cortelazzo (1997: 38-39), nella tripartizione classica, si può inserire un testo del dibattimento in aula in quanto vi si può eventualmente trovare una narrazione, una descrizione o un’argomentazione. Il testo del dibattimento in aula, pertanto, si presenta come tipo testuale non «puro» nel quale s’integrano reciprocamente e sono compresenti vari tipi testuali. Tuttavia, la tipologia appena illustrata è insufficiente per collocare altri testi giuridici come, ad esempio, un testo di legge, un regolamento, uno statuto poiché questi, al contrario, non narrano, non descrivono e non argomentano.

Anche Werlich (1976) individua una partizione dei tipi testuali in base alle funzioni funzionalistico-cognitive, integrando però il modello tripartito appena illustrato con due nuovi tipi testuali: quello «espositivo» e quello «regolativo». Il tipo di testo «espositivo» fornisce notizie su persone, argomenti o fatti, mentre quello «regolativo» indica particolari norme da rispettare ed impone obblighi e divieti. Tra i testi espositivi si collocano ad esempio i manuali di diritto, le voci delle enciclopedie di diritto che hanno come scopo quello di arricchire il destinatario di conoscenze, fornendogli dati e notizie. Allo stesso modo anche i testi di legge, i regolamenti possono essere inclusi nel modo regolativo visto che espongono regole, e prescrizioni. Tuttavia, anche questo modello risulta insoddisfacente poiché, secondo Cortelazzo (1997: 38), i testi dibattimentali orali, i testi codificati, come i ricorsi o i metatesti delle scienze giuridiche, rimangono fuori da questi modi poiché sono tutti esempi di testi argomentativi.

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Anche Mortara Garavelli (1988: 160-165) fa notare le lacune di questa classificazione ai fini della categorizzazione del testo giuridico: l’autrice include nella categoria «istruzione-prescrizione», ovvero nel modo regolativo di Werlich, i «testi legali: codici (civile e penale, di procedura civile e penale), le leggi, i decreti (per es. il Testo unico delle norme sulla circolazione stradale) i regolamenti (di attuazione delle leggi, di organizzazione dei pubblici uffici ecc; per es. regolamenti di igiene). Inoltre include in questa categoria anche le norme statutarie di carattere pubblico (il testo della Costituzione della Repubblica Italiana del 1947) e privato (statuti di società, ecc.); i dispositivi di sentenze …» (1988: 164-165). L’autrice include, invece, nel modo «espositivo», le «lettere burocratiche dirette a un destinatario pubblico» (1988: 163), nel modo «narrativo», «le ricostruzioni dei fatti a scopi giudiziari e le registrazioni delle deposizioni testimoniali» (1988: 162) e nel modo «descrittivo», «le sentenze di rinvio a giudizio» (1988: 161).

Nel creare una tassonomia dei testi all’interno della quale collocare il «testo giuridico», ci si rende conto che per inserire il testo giuridico occorre individuare dei parametri —ad esempio le funzioni dei testi giuridici—4 che ne smembrano l’omogeneità. Di fatto solo individuare la funzione dominante dei testi giuridici «implica la risposta a problemi che sono propri della filosofia del diritto» (Goodrich 1987, citato da Snel Trampus 1989: 133) e che, pertanto, si prestano a pareri discordi. Rifacendoci proprio a questa osservazione, si può notare come vari autori abbiano individuato nel solo testo normativo funzioni differenti. Ad esempio, Newmark (1988: 39), inserendo gli «statutes and legal documents» tra gli «authoritative statements», considera che sia la funzione espressiva quella predominante nel testo normativo, seppure egli precisi che questi testi siano denotativi e non connotativi. Altrove (1981: 163), Newmark commenta un comma di una legge tedesca osservando: «being a legal text, it is designed to impress the reader (Appellfunktion), but this particular phrase [la frase presa dal testo di legge ad esempio da Newmark] is purely informative» (1981: 163). Reiss & Veemer sostengono che «con la legge non si cerca né di persuadere, né di convincere, né di rivolgere un appello al ricevente, ma soltanto di informare sul contenuto di una norma.» (Reiss & Veemer 1984, citati da Snel Trampus 1989: 132). Infine, parlando della funzione del testo di legge, Snel Trampus (1989: 138) sostiene che essendo «regolatrice di situazioni giuridicamente rilevanti si può certamente concordare con Bobbio nell’affermare che la funzionePage 49dominante nel linguaggio normativo … è la prescrittiva consistente nel ‘far fare’» (1989: 139).

Una macro-tipologia testuale è stata avanzata e messa a punto in tempi recenti dal linguista Sabatini (1990: 694). Quello che forse è più interessante mettere in evidenza è che Sabatini matura questa tipologia come sostegno proprio a un’analisi del linguaggio giuridico (Mortara Garavelli 2001: 43). Lo stesso autore nel convegno di linguistica di Perugia intitolato «La scrittura professionale: ricerca, prassi, insegnamento» (Covino 2001:98), è tornato a sottolineare che il testo di legge deve essere considerato «pietra angolare in qualsiasi edificio di tipologia dei testi», proprio a causa della sua vicinanza al «sistema virtuale della lingua», cioè per la sua natura esplicita, referenziale, impersonale, che mette fuori gioco la ricerca di effetti speciali.

La tipologia dei testi proposta da Sabatini si prefigge di superare lo scoglio delle tipologie testuali classiche che, in ultima analisi, non sembrano trovare una collocazione adeguata e soddisfacente al testo giuridico.

La novità introdotta da Sabatini è quella di situare il testo in una prospettiva semiotica secondo il modello di Werlich, sussumendo tale mode- llo sotto una teoria più comprensiva. Il modello di Sabatini prende in considerazione i seguenti elementi:

a) le informazioni attorno alle quali si incentra il testo; b) il modo in cui l’emittente decide di trattare le informazioni: i modi testuali di Sabatini accolgono tutti i modi di Werlich, ammettendo che ve ne possono essere altri come quelli espositivi, istruttivi, esplicativi, conativi, ecc.

c) il testo concreto, ovvero la concretizzazione delle informazioni e del modo.

d) Oltre a questi primi tre elementi incentrati sul mittente, Sabatini tiene in considerazione l’altro attore dell’atto comunicativo che dà origine al testo, il destinatario, di cui si tiene conto per la sua attività interpretativa.

La tipologia di Sabatini si fonda sul «grado di rigidità del vincolo che l’autore pone all’interpretazione del lettore» (1990: 694) e sul grado di es plicitezza dei testi, nonché sulla funzione per cui tali testi sono stati prodotti. Infatti, il destinatario del testo non è un recettore passivo dei messaggi, ma è un vero interprete: egli può attuare una serie di operazioni di ricognizione del testo per ricavarne il senso. Tali interpretazioni potrebbero discostarsi anche di molto da quelle previste dall’autore del testo e perPage 50questo nasce l’esigenza di porre un vincolo all’attività interpretativa del ricevente. Secondo la tipologia di Sabatini, i testi sono suddivisi in «testi molto vincolanti», «testi mediamente vincolanti» e «testi poco vincolanti». Nella prima categoria di testi, che sono massimamente espliciti, Sabatini include proprio i testi giuridici, normativi e regolativi. Nel contesto di riferimento «esplicito» significa «tale da curare la chiarezza dei propri concetti sul piano delle loro manifestazioni linguistiche, testuali e paratestuali». Inoltre, a concorrere all’esplicitezza di un testo vi sarebbero:

a) la struttura del testo b) la coerenza logica

c) l’uso dei legamenti

d) l’uso della punteggiatura e) la struttura del paratesto

I testi con discorso molto vincolante e, quindi anche i testi giuridici, sarebbero sempre caratterizzati, secondo il modello di Sabatini dai seguenti caratteri:

a) ordine di costruzione rigoroso e reso evidente sia tramite elementi linguistici (legamenti sintattici) sia tramite la suddivisione del testo in unità gerarchiche;

b) dichiarazione esplicita dei principi teorici su cui si fonda il discorso dell’autore; dichiarazione esplicita delle ipotesi di lavoro, dei criteri e dei metodi seguiti nel caso il testo abbia carattere di ricerca sperimentale;

c) presenza di definizioni non impressionistiche di fenomeni ed oggetti; d) uso formule, tabelle e grafici;

e) generale attenzione all’uso di lessico nella sua funzione denotativa; impiego aproblematico di ripetizioni; impiego misurato di sinonimi; uso privilegiato di iperonimi ed iponimi o di sostituenti; uso di terminologie e/o di lessico altamente formalizzato;

f) diffusione dei costrutti passivi, soprattutto di quelli impersonali con il si passivante.

Essi non presenterebbero, invece, mai, i seguenti tratti:

a) l’uso di incidentali;

b) l’uso di legamenti testuali (o di congiunzioni coordinative e subordinative con funzione di connettivo testuale) oppure, per la congiunzione subordinante;

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c) l’uso di elementi linguistici che manifestino la presenza diretta e personale dell’autore e quella altrettanto diretta e personale del destinatario del testo (uso diffuso della prima persona singolare come voce dell’autore; impiego di allocuzioni al lettore; impiego di forme medie del verbo);

d) l’uso di artifici retorici di movimentazione del testo (catafore retoriche o ellissi di preannuncio; metafore ed altre figure di pensiero; paragoni; frasi interrogative, soprattutto se retoriche; frasi esclamative);

e) l’impiego di inserti di discorso diretto; f) uso di moduli sintattici che presentino elementi di implicitezza, di marcatezza o che siano connotate in senso espressivo (semplice giustapposizione; coordinazione per asindeto; coordinazione non indispensabile per polisindeto).

Secondo Sabatini, la funzione dei testi normativi (leggi, decreti, regolamenti e di altri testi a questi assimilabili, ovvero sentenze, atti amministrativi, atti giudiziari, atti notarili e simili) è la funzione prescrittiva, «basata su una manifestazione di volontà e rispondente al criterio di coerenza interna e con principi generali enunciati espressamente» (1990: 695).

La tipologia di Sabatini presenta il pregio di mettere in evidenza che la categoria «testo giuridico» non è affatto omogenea, anzi, per trarre le considerazioni dell’autore alle estreme conseguenze, la tipologia «testo giuridico» è inesistente: lo schema di Sabatini, infatti, tende ad accentuare ancora di più di quanto già facciano altre classificazioni lo smembramento dei «testi giuridici». Questo accade poiché, seguendo criteri prettamente pragmatici, i testi normativi figurano nei testi con discorso molto vincolante, mentre, ad esempio, i manuali, i trattati, i saggi, e le enciclopedie giuridiche figurano come «testi con discorso mediamente vincolante», ove non predomina la funzione «prescrittiva», ma quella «esplicativa», basata sull’intenzione di spiegare a chi non conosce con un fine d’istruzione.

Nonostante l’apparente novità di tale tipologia, gli appunti mossi da Cortelazzo (1997: 39) a questo impianto formale sembrano condivisibili. Infatti, anche questa tassonomia non sembra rispondere con chiarezza, ad esempio, ad una fondamentale questione, ossia l’esigenza del testo norma- tivo di venire interpretato dal giudice che verifica il significato delle norme contenute nelle sue disposizioni in relazione al caso concreto. Il modello di Sabatini, pertanto, non riesce a spiegare come un testo di legge, testo «altamente vincolante» secondo la sua tassonomia, possa in realtà venire interpretato e, quindi, applicato in maniera diversa da giudice aPage 52giudice, ovvero che la stessa disposizione possa essere intesa differentemente.5

1.1.2. Le classificazioni di testi giuridici: Danet, Mortara Garavelli, Liano e Lane

Un tentativo di creare una classificazione di testi giuridici (e non una vera tipologia all’interno della quale inserire il testo giuridico) è stato approntato anche da Danet. La studiosa ha suddiviso i testi attraverso un duplice criterio che si basa sulle funzioni linguistiche descritte da Halliday (1973): da un lato, il modo con il quale viene usata la lingua giuridica6 (Danet 1985: 276-77), e dall’altro il grado di formalità della lingua giuridica7 (1985: 277).

All’interno del primo criterio, Danet considera che le modalità d’impiego della lingua giuridica, ovvero la situazione o contesto di produzione, di trasmissione e ricezione, siano sostanzialmente tre: realizzazione scritta, orale, eventualmente preceduta da una fase scritta, e orale/spontanea8 (1985: 277).

Per quanto riguarda il secondo criterio, esso è imposto dalla situazione comunicativa più o meno solenne ed ufficiale che si instaura tra i partecipanti. In pratica, viene a corrispondere al tenore interpersonale o livello di formalità e a quello funzionale, che è dettato dal proposito o dagli intenti di coloro che comunicano. Su questo piano può influire sia la distanza tra i partecipanti, sia il livello culturale, sia la stessa realizzazione scritta o orale del testo giuridico, sia le componenti emotive e psicologiche. Danet sud- divide in questo caso lo stile giuridico in stile cristallizzato, formale, consultivo e libero (1985: 277).9

Infine, in base a questi due criteri, la realizzazione scritta o orale della lingua giuridica e il grado di formalità del registro, Danet propone una tipologia che include i vari tipi di testi giuridici. Pertanto la lingua giuridica impiegata nella produzione scritta può presentare uno stile cristallizzato (adPage 53esempio, in testi come le polizze assicurative, i testamenti o i contratti), o formale (i testi delle leggi).10 La lingua giuridica impiegata nella produzione orale che, tuttavia, richiede una certa preparazione e pianificazione preventiva può presentare un registro cristallizzato (ad esempio, i testi delle cerimonie nuziali, i giuramenti dei testimoni e le sentenze di giudici), formale (gli interrogatori e le consulenze legali dei periti ed esperti) o informale (la consulenza di non esperti). Infine, la lingua giuridica impiegata nella produzione orale spontanea, ovvero non studiata preventivamente e che non segue alcuno schema precostituito, può presentare un registro consultivo (le conversazioni tra avvocati) o libero ed improvvisato (le conversazioni tra cliente ed avvocato).

La classificazione di Danet, che accoglie una definizione di «testo giuridico», seppur interessante ed utile ai fini pratici, non è una tipologia. Come ha ben precisato Mortara Garavelli (2001: 42) una classificazione non è una tipologia, poiché quest’ultima «comporta l’individuazione dei tratti linguistici (lessicogrammaticali, semantici, testuali, pragmatici) che permettono di situare classi di produzioni verbali entro il complesso delle possibili realizzazioni testuali del sistema linguistico» (2001: 42).

La proposta più recente di classificazione dei testi giuridici di cui è autrice Mortara Garavelli (2001: 22-34) usa come criterio scriminante quello del contenuto dei testi, pertinenti a istituzioni ed elementi giuridici. Tale classificazione dei testi prende vita da una distinzione dei compiti assegnati all’uso giuridico della lingua, sia scritta che orale: la creazione del diritto identificata con l’attività del legislatore; l’interpretazione teorica del diritto collegata con l’operato del giurista, e dell’avvocato e, infine, l’applicazione pratica del diritto da parte del giudice o della pubblica amministrazione. L’autrice mette l’accento sul fatto che i principi adottati per questa classificazione non sono di tipo linguistico ma qualificano i testi secondo le origini e i modi di produzione. La tripartizione delle attività dalle quali nascono i testi origina la seguente divisione: «testi normativi», «testi interpretativi» e «testi applicativi». Nei testi normativi Mortara Garavelli include le costituzioni, le convenzioni, le leggi statali e regionali, i decreti legge, i decreti legislativi, i codici civile, penale e delle rispettive procedure, i codici militari, della strada, della navigazione, i regolamenti, gli statuti di enti territoriali e le leggi interpretative. Tra i testi interpretativi l’autrice fa rientrare la dottrina: le lezioni ex cathedra, i libri di diritto (trattati, manuali, enciclopedie), gli articoli di riviste, le note a sentenza, le tesi di laurea e di dottorato,Page 54gli interventi ai convegni. Infine, tra i testi applicativi annoveriamo gli atti processuali, gli atti amministrativi e gli atti giuridici privati. A sua volta la categoria degli atti processuali è divisa in:

  1. provvedimenti del giudice (sentenze, ordinanze e decreti);

  2. atti del pubblico ministero (requisitorie scritte, informazioni di garanzia, stesura degli interrogatori di imputati e delle «persone informate sui fatti», ordini per la polizia giudiziaria, le diverse richieste volte a produrre atti processuali, la redazione di motivi di impugnazione, ecc…);

  3. atti difensivi (nei processi penali, l’arringa dell’avvocato che è orale; nel processi civili o amministrativi, atti di citazione, comparse, istanze, memorie, motivi d’impugnazione);

  4. atti degli ausiliari del giudice (attestazioni, notificazioni, pignoramenti; verbali degli atti processuali e perizie e consulenze tecniche);

  5. altri atti processuali (atti di polizia giudiziaria: denunce, querele, esposti, rapporti).

Gli atti amministrativi più comuni sono: i decreti, le ordinanze, gli avvisi, i verbali, gli ordini di servizio, le proposte, i pareri, i visti, i certificati, le iscrizioni in pubblici registri. In questa categoria, Mortara Garavelli specifica anche che vi sono i cosiddetti atti formalmente amministrativi come i decreti legislativi o delegati, i regolamenti e le circolari. Infine, tra gli atti giuridici privati vengono elencati gli atti notarili (contratti, testamenti, procure, copie autentiche) e gli atti privatistici come i contratti di locazione, i preliminari d’acquisto, gli appalti, le vendite mobiliari, le forniture d’acqua, gas, telefono e gli atti privatistici di natura non contrattuale come i testamenti olografi, i riconoscimenti di debito. Anche il lodo arbitrale è ascritto a questa categoria di atti.

Tuttavia, l’autrice mette in evidenza che poiché le attività che danno origine a tali testi si possono intersecare e sovrapporre, anche le funzioni possono essere assegnate a classi di testi diverse. Questo significa che, ad esempio, i testi applicativi hanno spesso valore normativo (2001: 25).11

Le difficoltà nel creare un’organica tipologia dei testi all’interno del quale collocarvi i testi giuridici hanno fatto sì che fiorissero ed avessero più fortuna le classificazioni basate sui generi testuali, ovvero sulla descrizione delle proprietà generali dei singoli testi giuridici (di leggi, sentenze, con-Page 55tratti, ecc.), come appunto quella del giurista Liaño che riportiamo di seguito.12

Anche Liaño (1996: 16-21) affronta la classificazione dei principali testi giuridici che non si colloca all’interno di una macro-tipologia testuale.

Nel novero dei testi giuridici, innanzitutto Liaño inserisce i «testi normativi». Il linguaggio utilizzato da questi testi è concettuale, poiché le norme contenute in questi testi sono generali e astratte.

Liaño individua tra i generi testuali anche i testi di natura giudiziale (textos juiciales), dove con tale locuzione intende le forme diverse che può assumere l’atto con cui il cittadino privato chiede all’organo giurisdizionale di aprire un procedimento per tutelare un interesse leso. Le denominazioni dei testi che possono scaturire da tale procedimento varia a seconda del tipo di procedimento intrapreso. Tra i vari esempi di testi giudiziali, proponibili per questo genere, egli illustra la «demanda» e la «contestación a la demanda». La «demanda» viene a corrispondere in italiano alla «domanda giudiziale» che «rappresenta la richiesta formulata con la citazione o atto di citazione oppure col ricorso» (DTG 1993, voce «domanda giudiziale»). Infatti, la domanda giudiziale può esplicarsi attraverso forme diverse, a seconda del tipo di procedimento che introduce, ad esempio — com’è stato appena precisato — può assumere la forma di «citación», ovvero dell’ «atto di citazione» (detto anche semplicemente «citazione»), col quale l’attore invita il convenuto a comparire dinanzi al giudice in un’udienza, e, attraverso il quale, si richiede al giudice una pronuncia sulla controversia. La «contestación a la demanda» viene a corrispondere in italiano alla «comparsa di risposta», che, nel rito processuale ordinario, è il primo atto difensivo del convenuto, costituendo «per molti versi l’atto simmetrico e reciproco rispetto all’atto di citazione» (Comoglio, e altri 1995: 465). Infatti, nella comparsa di risposta il convenuto «prende posizione sui fatti affermati dall’attore, indica i mezzi di prova dei quali intende avvalersi e i do-Page 56cumenti che offre in comunicazione, formula le conclusioni» (NDG 1998: 267, voce «comparsa»).

Infine, tra i provvedimenti coi quali il giudice assolve alla sua funzione giurisdizionale, Liaño nomina «le sentenze». Liaño precisa che nella traduzione delle «sentenze» è il «fallo» (il «dispositivo finale») la componente determinante, perché «contiene el mandato judicial (condenatorio, absolutorio, estimatorio o desestimatorio de tales o cuales peticiones del deman- dante, etc.) que deberá ser respetado en su integridad y literalidad» (1996:19). Da ultimo, l’autore fa riferimento anche a «los textos negociales». In particolare, l’autore menziona «los contratos» (i contratti) e «los testamentos» (i testamenti) (1996: 20).

Un’indicazione analoga è offerta da Lane (1982: 221) il quale opera la ripartizione dei testi giuridici in base al grado di «ufficialità» degli organi che emanano i testi e in base al grado di «prescrittività» degli stessi:

— official texts, whose wording is prescriptive …, i.e. laws, statutory instruments, texts of ratified international agreements;

— other documents issued by authorities and courts, whose contents are legally binding but whose wording is not prescriptive, i.e. judgements and other decisions handed down by courts, decisions taken by administrative authorities, official announcements, letters, etc.;

— non-official texts, i.e. documents drawn up by members of the legal profession in performance of their functions (e.g. documents authenticated by a notary public, such as contracts, wills and powers of attorney; written applications and submissions by lawyers; legal literature; written opinions on legal or administrative matters; …

2. Conclusione

Malgrado il numero di studi pubblicati e la crescente attenzione del mondo dei linguisti e dei giuristi all’ambito della linguistica testuale, il problema della strutturazione di una tipologia di testi basata su criteri univoci ed universalmente accettati, all’interno del quale collocarvi il «testo giuridico», appare ancora lontano dall’essere risolto. Infatti, è la stessa definizione e natura del «testo giuridico» a non apparire affatto pacifica all’interno della comunità di studiosi. Inoltre, il testo giuridico sembra adattarsi con difficoltà alle convenzioni e ai vincoli imposti dalle tipologie testuali, anche perché — come si è visto — sulle funzioni dei testo giuridico stesso non c’è convergenza d’opinioni.

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[1] . Vedi in seguito l’applicazione di questa definizione alla sua proposta di classificazione.

[2] . Vedi oltre la classificazione di Mortara Garavelli.

[3] . Tra i criteri sui quali fondare una classificazione, Berruto (Berruto 1981, citato da Mortara Garavelli 1988: 158) propone: a) il grado di pianificazione in anticipo del testo e la dicotomia pubblico v. privato; b) la varietà di lingua impiegata, ovvero se nel testo vi è un codice specifico oppure è prodotto in lingua comune; c) l’individualità del testo (è un testo collettivo o individuale?); la norma di interpretazione semantica (è un testo letterale o simbolico-allegorico?) e la ripetitività tecnica o riproducibilità materiale del testo; d) la lunghezza, la complessità e l’indipendenza dal contesto. Invece, il linguista Bustos Gisbert (1996: 100) basa la tipologia testuale su queste tre variabili: a) la funzione o le funzioni linguistiche predominanti nel testo, b) la forma testuale c) il contenuto trasmesso.

[4] . Per funzioni si intendono i «macroatti linguistici» o intenzioni comunicative.

[5] . Ciò vale nei sistemi giuridici europei di tipo «continentale», come quello italiano, nei quali il giudice è sempre chiamato ad applicare direttamente la legge, e non i «precedenti» della giurisprudenza. Diversamente va detto per i sistemi di tipo anglosassone, nei quali il precedente giudiziario vincola i giudici successivi di pari grado o inferiori.

[6] . Quelle che chiama «the modes of language use» (Danet 1985: 276-77).

[7] . Quello che chiama «degree of formality of the style used» (1985: 277).

[8] . «written, spoken though composed in advance, or spoken and spontaneous» (1985: 277).

[9] . «frozen», «formal», «consultative» e «casual» (1985: 277).

[10] . Gli esempi riportati tra parentesi sono tratti tutti da Danet (1985: 276-77).

[11] . Si vedano a questo proposito le considerazioni fatte nel paragrafo 1.

[12] . E’ interessante notare come da parte dei traduttori di testi giuridici, soprattutto in quei paesi dove è ben consolidato lo studio della lingua giuridica, siano state proposte delle classificazioni dei testi giuridici molto varie. Gémar (1988: 428) avanza una prima proposta di classificazione considerando il grado di difficoltà che i testi presentano per il traduttore, mettendo al primo posto le leggi e i regolamenti, al secondo posto la dottrina, al terzo le decisioni giurisprudenziali e gli atti giudiziari, ed, infine, i contratti e i testamenti. L’autore è però anche artefice di un’altra classificazione che è stata stilata, adottando come criterio di differenziazione il grado di responsabilità che il traduttore ha nel raggiungimento del risultato finale. In questo caso, Gémar (1988: 424) ritocca la classificazione prima indicata, collocando al primo livello le leggi, le decisioni del giudice e i trattati internazionali. Al livello inferiore, i contratti, i formulari amministrativi e commerciali per uso interno privato ed i testamenti; infine, all’ultimo posto egli situa dottrina.

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