Tendenze evolutive e proposte di configurazione giuridica dei rapporti fra gli operatori aeroportuali e gli utenti dell'aeroporto

AutorElena Orrù
Páginas139-172

Page 139

I Premessa metodologica

L’argomento in oggetto riveste, a parere di chi scrive, un certo interesse nell’ambito della materia del Diritto della Navigazione, anche in ragione dell’intreccio fra gli aspetti pubblicistici e quelli privatistici. La tematica assomma, infatti, il profilo legato all’evoluzione che negli ultimi decenni ha interessato sia i gestori di aeroporti sia altri soggetti che, a vario titolo, operano in ambito aeroportuale, così come della configurazione giuridica delle attività da questi svolte e delle loro entrate, ed il connesso profilo della qualificazione giuridica dei rapporti con gli utenti delle infra-strutture e delle attività ivi svolte, in primis compagnie aeree e passeggeri.

Metodologicamente, si procederà a ricostruire brevemente i diversi orientamenti giurisprudenziali e dottrinali in materia di funzione e servizio pubblico, nonché con particolare riguardo allo specifico settore aeroportuale, dando conto dell’evoluzione, economica prima che normativa, del ruolo dei soggetti ivi operanti e delle attività da questi tipicamente espletate, anche tramite la sussunzione della fattispecie nel panorama giuridico come sopra ricostruito.

II Breve rassegna degli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali italiani in materia di funzione pubblica e servizio pubblico

L’inquadramento della nozione di «funzione pubblica» e «servizio pubblico» nell’ordinamento giuridico italiano appare prodromico, nella presente trattazione, per poter cercare di configurare giuridicamente le

Page 140

attività svolte dal gestore aeroportuale e dagli altri operatori, quali i soggetti preposti ai servizi di assistenza al volo.

La distinzione fra funzione pubblica e servizio pubblico appare, invero, tuttora ardua e non cristallizzata nel panorama giurisprudenziale e dottrinale italiano, perciò la presente analisi sarà condotta senza alcuna velleità di riuscire nell’intento di fornire una risposta definitiva e scevra da critiche, bensì con la consapevolezza che la presente ricognizione non potrà che essere sommaria.

Nel distinguere le funzioni ed i servizi pubblici dalle altre attività si ricorse originariamente, specie per i secondi, alla teoria soggettiva, che identificava i servizi pubblici con quelli espletati da soggetti pubblici. Questa concezione ha palesato la propria inadeguatezza negli ultimi decenni, specialmente a seguito dell’apertura alla concorrenza (seppur graduale e per certi versi limitata) della maggior parte dei servizi pubblici ed il loro affidamento a privati1.

Secondo la tesi oggettiva tradizionale, il concetto di «funzione pubblica» è ricondotto in nuce all’esercizio continuativo e globale, in maniera formalizzata nel contenuto, di un incarico non nel perseguimento di un proprio interesse, bensì al fine di soddisfare degli interessi pubblici, fine che deve essere oggettivamente predeterminato2.

Trattasi, tuttavia, di una definizione ex se inidonea a distinguere la pubblica funzione dal servizio pubblico e da altre attività che, pur essendo volte anche a soddisfare direttamente o indirettamente un interesse pubblico, non partecipano delle caratteristiche dei primi due.

La dottrina e giurisprudenza italiane hanno individuato quale ulteriore elemento, che sarebbe idoneo a differenziare la funzione pubblica, l’esercizio di una potestà pubblica: perciò, «ciò di cui i pubblici servizi [...] si mostrano invece carenti è la presenza del potere o della potestà intesi, ancora una volta, nel senso di posizione fondamentale dell’autorità e, al tempo stesso, della necessaria formalizzazione del contenuto, dell’attività, ossia della concretizzazione del potere in atti sottoposti dall’ordinamento ad un particolare regime»3.

Secondo altra autorevole dottrina, la funzione pubblica consisterebbe in una «attività che si estrinseca nell’esercizio di poteri ammini-

Page 141

strativi» ed è «finalizzata ad uno scopo, non proprio del soggetto agente e da questi fissato nell’ambito della sua autonomia, ma ad esso posto dall’esterno»; i servizi pubblici, invece, si distinguerebbero dalle funzioni, perché i primi «sono attività nell’ambito delle quali prevalgono nettamente le operazioni e prestazioni materiali, rispetto alle attività giuridiche (adozioni di atti giuridici produttivi di effetti, a loro volta di diritto pubblico o di diritto privato)»4. Per i servizi pubblici parimenti le attività sarebbero disciplinate dall’ordinamento e soggette ai principi e limiti, essendo «assicurate a tutti secondo i criteri e nel contenuto previsto dalla legge (o dall’autorità stabilita dalla legge)»5, ma normalmente si tradurrebbero nell’esercizio di attività d’impresa. Il potere amministrativo, invece, consisterebbe in «una posizione soggettiva, ascrivibile al genus delle capacità che la legge imputa ad una determinata autorità amministrativa, come quella che ad essa consente, e nello stesso tempo impone, di porre in essere determinati atti giuridici, produttivi di determinati effetti, al fine di curare determinati interessi pubblici», atti ed effetti che sono tipizzati dalla norma stessa6.

L’esercizio di un’attività da parte di un soggetto privato, anche nella forma di società di capitali, non esclude, quindi, la riconducibilità della stessa nell’alveo della funzione pubblica, c.d. di ordine, ove esistano determinate caratteristiche. Queste sono state identificate, ad esempio, nell’imposizione della responsabilità per il diretto o indiretto espletamento dell’attività in capo ad enti o autorità pubbliche da parte di una norma imperativa, non nell’interesse dei singoli cittadini, ma per tutelare un superiore interesse pubblico, senza che, quindi, la stessa attività si traduca in «una prestazione resa “a favore” della collettività locale o di singoli utenti interessi sociali che l’ente locale s’è assunto per realizzare fini di promozione dello sviluppo economico e civile (cd. funzione di promozione)», essendo bensì diretta «a garantire la realizzazione di prevalenti fini sociali e di promovimento dello sviluppo economico e civile delle relative comunità (che l’ente locale si assume in base ad una scelta politico-amministrativa di soddisfare in modo continuativo obiettive esigenze della collettività)»7. In questo caso, quindi, anche in caso di gestione indiretta, tramite altri soggetti anche aventi natura privata, la tito-larità della pubblica funzione permane in capo all’ente pubblico.

La distinzione fra funzione pubblica e servizio pubblico non pare esaurire, tuttavia, la questione, non potendosi concludere necessariamente che ad un’attività configurabile quale pubblico servizio (perché non consistente nell’esercizio di poteri autoritativi e quindi di una pubblica funzione) corrisponda ex se un rapporto contrattuale con l’utenza. In molti casi gli utenti versano delle somme predeterminate per avvalersi del servizio: queste somme possono avere natura di imposta o tassa o,

Page 142

per converso, essere qualificabili quali corrispettivo. In ultima analisi, occorre dunque analizzare la disciplina del singolo specifico caso concreto per desumerne elementi utili per qualificare la fattispecie, distinguendo i profili attinenti al rapporto fra la pubblica autorità e l’esercente8, da quelli concernenti il rapporto giuridico fra quest’ultimo e gli utenti del servizio, che, come si è visto, può anche non avere natura contrattuale.

III L’esistenza di rapporti contrattuali nella giurisprudenza e dottrina italiane

Per poter meglio comprendere la successiva trattazione, appare opportuno fornire anche un breve cenno all’evoluzione della disciplina dei rapporto contrattuali nell’ordinamento italiano, pur senza pretese di completezza.

Come noto, l’ordinamento giuridico italiano, similmente ad altri ordinamenti c.d. di civil law, consente che, salvo ipotesi specificamente contemplate, il contratto possa essere concluso per iscritto o oralmente.

La disciplina della conclusione del contratto adottata dal Codice Civile italiano è essenzialmente abbastanza formale e tradizionale, richiedendo lo scambio di una proposta o di una accettazione, secondo le modalità ed i requisiti indicati agli artt. 1.326 e seguenti del Codice Civile.

Un contratto può, tuttavia, essere concluso anche per facta concludentia. Trattasi, del resto, di uno degli esempi più diffusi nella prassi, desumibile anche dall’art. 1.327 del Codice Civile, che prevede che «qualora su richiesta del proponente o per la natura dell’affare o secondo gli usi, la prestazione debba eseguirsi senza una preventiva risposta, il contratto è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l’esecuzione L’accettante deve dare prontamente avviso all’altra parte dell’iniziata esecuzione e, in mancanza, è tenuto al risarcimento».

La conclusione...

Para continuar leyendo

Solicita tu prueba

VLEX utiliza cookies de inicio de sesión para aportarte una mejor experiencia de navegación. Si haces click en 'Aceptar' o continúas navegando por esta web consideramos que aceptas nuestra política de cookies. ACEPTAR