La recente riforma italiana dei contratti a termine

AutorVincenzo Ferrante
CargoProfessore nell?Università cattolica del S. C. di Milano
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Le vicende politiche italiane sono state fortemente condizionate dalla adozione nel 2003 di una legge, ispirata dal giuslavorista Marco Biagi (ucciso dai terroristi, prima che la legge fosse emanata), che introduceva una serie di disposizioni sul collocamento, sul lavoro interinale, sul decentramento produttivo e sul lavoro quasi-subordinato.

Una parte importante della riforma, però, era contenuta in un provvedimento del 2001 con il quale si era provveduto a rivedere la disciplina sul lavoro a termine (D. lgs. n. 368) in attuazione della direttiva comunitaria.

Questa legge era il frutto di una lunga negoziazione fra i sindacati dei lavoratori e le associazioni imprenditoriali che conduceva ad una forte liberalizzazione del sistema. In passato, infatti, la assunzione a termine era ammessa solo in presenza o di un accordo collettivo o di cause predeterminate e abbastanza rigide (sostituzione di un altro lavoratore assente, lavori stagionali nell’agricoltura o nel turismo, esigenze imprevedibili ed eccezionali).

La legge del 2001, invece, prevedeva una sola causale come presupposto che legittimava l’assunzione a tempo, riferendosi semplicemente alle esigenze dell’impresa ("ragioni organizzative, tecniche o produttive"). Si trattava di una formula così ampia che alla fine si è parificata l’assunzione a termine con quella a tempo indeterminato.

Il sindacato CGIL, espressione della sinistra più estrema, dopo aver partecipato alla negoziazione precedente alla emanazione del provvedimento del 2001, si era però rifiutato di sottoscrivere l’accordo definitivo, dando luogo ad una spaccatura profonda con gli altri sindacati,che si sarebbe mantenuta per tutta la legislatura a guida del centro-destra.

L’avvento del nuovo governo di centro-sinistra lasciava sperare in una profonda modifica delle leggi approvate dal 2001 al 2005: tuttavia, sia la

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ridottissima maggioranza parlamentare del nuovo governo, sia il prevalere di indicazioni sindacali su quelle politiche hanno ridotto al minimo le modifiche alla più antica legge Biagi, che rimane così confermata per larghi tratti.

La modifica forse più importante attiene però ai contratti a tempo determinato, che vengono riformati, affermando solennemente che la forma ordinaria del...

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