Note in margine a ULP. 11 AD ED. D. 50.16.19: Labeo - definit

AutorGiovanni Finazzi
Cargo del AutorUniversità degli Studi di Roma ?Tor Vergata'
Páginas301-324
NOTE IN MARGINE A ULP. 11 AD ED. D. 50.16.19:
LABEO … DEFINIT
G F
Professore ordinario di Istituzioni di diritto romano
Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’
Resumen: Nella definizione riportata in D. 50.19.16, Labeone, nel primo libro del pro-
prio commentario all’editto del pretore urbano, attraverso l’agere, il gerere e
il contrahere, illustrava i contenuti di una categoria sovraordinata, verisimil-
mente il contrahere della previsione edittale relativa al ius domum revocan-
di, senza, però, esaurire, con i tre concetti, l’ambito di essa.
Abstract: In the definition related in D. 50.16.19, Labeo, in the first book of his
commentary about the edict of praetor urbanus, explained the meaning of
the terms agere, gerere, contrahere in order to illustrate an upper class, likely
the contrahere of the edict of ius domum revocandi, without exhausting it.
Sumario:
I.- Un problema aperto. II.- Estraneità della trattazione labeoniana al metus. III.-
Alla ricerca del contesto della definizione. IV.- Il ius domum revocandi. V.- Agere. VI.-
Ver b is e re agere. VII.- Gerere. VIII.- Contrahere. IX.- Conclusioni.
I.- Le osservazioni che seguono sono finalizzate a chiarire il significato dei concetti
di agere, gerere e contrahere e i loro rapporti nella definizione labeoniana contenuta in.
Ulp. 11 ad ed. D. 50.16.19: Labeo libro primo praetoris urbani definit, quod
quaedam ‘agantur’, quaedam ‘gerantur’, quaedam ‘contrahantur’: et actum quidem
generale verbum esse, sive verbis sive re quid agatur, ut in stipulatione vel numeratione:
contractum autem ultro citroque obligationem, quod Graeci συνάλλαγα vocant, veluti
emptionem venditionem, locationem conductionem, societatem: gestum rem significare
sine verbis factam.
Giovanni Finazzi
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Per la comprensione del passo sembra ancora fondamentale, come punto di
partenza, quanto è stato osservato, negli anni settanta del secolo passato, in un la-
voro sull’impiego delle tecniche divisorie da parte dei giuristi romani1. La qualifica
dell’actum come verbum generale dovrebbe essere intesa nel senso che esso indivi-
duasse una categoria superiore, comprendente categorie inferiori, ricostruibili se-
condo due possibili schemi: o nell’agere rientravano l’agere verbis e l’agere re (e forse,
nella originaria formulazione, l’agere litteris); o nell’agere come genus erano compresi,
come species, l’agere (in senso stretto) e il contrahere, se non il gerere, evidenziandosi
una dicotomia o una tricotomia, caratterizzata dal fatto che una delle species, l’actum,
sarebbe stata omonima al genus2. Impostato in tal modo il problema, si precisava che
la seconda interpretazione sforzerebbe l’andamento del discorso labeoniano, in quan-
to, da un lato, «in esso nulla si riferisce, nella parte relativa al contrahere e al gerere,
al precedente verbum generale» e, dall’altro, lattribuzione all’actum della qualifica di
verbum generale «sembra indotta soltanto dalla considerazione dell’attività giuridi-
camente rilevante, che si esplichi re o verbis». Pertanto, mentre lagere, come genus,
avrebbe compreso per Labeone l’agere verbis, re e, forse, litteris, il contrahere e il gere-
re avrebbero rappresentato «categorie unitarie (a prescindere dalle singole figure alle
quali egli non prolungava, in questa sede, la διαίρεσι)»3. Nella stessa occasione, si
congetturava che, nella redazione originaria del passo, vi potesse essere «una migliore
determinazione del gerere, forse finalizzata al gestum per aes et libram», pur non es-
sendo l’argomento sviluppato data la sua irrilevanza per l’analisi condotta4.
Successivamente, il passo ulpianeo è stato esaminato in numerosi contributi, dalla
lettura dei quali risulta evidente che, sul significato della riflessione labeoniana, non
è stato raggiunto in dottrina un accordo neppure di massima. L’impressione è che ab-
biano inciso in senso negativo, a seconda dei casi, una eccessiva propensione a ri-
condurre l’approfondimento di Labeone entro i confini di un impiego rigoroso delle
tecniche divisorie e l’incidenza, in termini ricostruttivi, delle diverse angolazioni dalle
quali ogni autore ha preso le mosse nella disamina del testo, che ha spesso impedito
un proficuo confronto. Così, da un lato, sul presupposto che lapprofondimento di La-
beone riguardasse le sole obbligazioni, si sono evidenziate opinioni secondo le quali il
gestum, che nel passo del de verborum significatione si affianca ad agere e a contrahere,
nell’originale labeoniano sarebbe stato il totum sottoposto a partitio, essendo l’attuale
struttura del testo il frutto di un intervento compilatorio5. Dall’altro, da punti di vista
1 M. TALAMANCA, Lo schema ‘genus-species’ nelle sistematiche dei giuristi romani, in «La filosofia
greca e il diritto romano», Atti del Colloquio italo-francese Roma, 14-17 aprile 1973, Quaderno n. 221
dell’Accademia Nazionale dei Lincei, vol. II, Roma, 1977, p. 253, nt. 711.
2 TALAMANCA, Lo schema, cit., pp. 253 s., nt. 711.
3 TALAMANCA, Lo schema, cit., p. 254, nt. 711.
4 TALAMANCA, Lo schema, cit., p. 254, nt. 711.
5 Cfr. F. GALLO, Eredità di Labeone in materia contrattuale, in «Atti del Seminario sulla problematica
contrattuale in diritto romano. Milano, 7-9 aprile 1987», vol. I, Milano, 1988, pp. 42 ss. (anche in «Le
dottrine del contratto nella giurisprudenza romana» a cura di A. Burdese, Padova, 2006, pp. 141 ss.); ID.,
Eredità di giuristi romani in materia contrattuale, in «SDHI», 55, 1989, pp. 128 ss.; 134 ss. (anche in «Le
teorie contrattualistiche romane nella storiografia contemporanea», Atti del Convegno di diritto romano

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