Última enfermedad y muerte de Felipe II en los despachos del nuncio Camilo Caetani

AutorDr. Carlos Alonso Vañes, Osa
CargoEstudio Teológico Agustiniano Valladolid
Páginas563-585

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I Introducción

Fueron centenares las veces que, durante mis largos años de estancia en Roma (1957-2005), frecuenté el Archivo Vaticano, tan cercano a mi residencia en la Via Paolo VI, 25. Entre otros temas que durante algunos días acapararon mi atención estuvo, hace bastantes años, el de las menciones del monasterio de El Escorial en la correspondencia de los nuncios apostólicos en España.

Me atrajo sobre todo el tema de la última enfermedad y muerte de Felipe II en los despachos enviados a Roma por el nuncio Camilo Caetani. Copié en su día nada menos que 21 despachos entre el 14 de agosto y el 5 de septiembre de 1598, los cuales cubrían las últimas semanas de vida del Rey Prudente hasta dos días después de su muerte (13 de septiembre de 1598). Ocupado con otros temas, esta documentación permaneció inédita por haber tenido que dirigir la atención a otros cuidados.

Todo un rico arco de argumentos aflora en estos despachos, que comienzan con el viaje de Madrid al Escorial del prelado italiano, llamado por Felipe II para la consagración de García de Loaysa como arzobispo de Toledo. Estamos hacia la mitad de la última enfermedad del rey, que vino a morir un mes más tarde.

En estos despachos están presentes infinidad de detalles, narrados por Caetani en su correspondencia con el secretario de Estado de Clemente VIII, el cardenal nepote Aldobrandini. Las noticias trasladaban a Roma las cosas directamente vividas por el nuncio durante los días que permaneció en el Escorial, y las que le iban proporcionando otros cuando él regresó a Madrid. El nuncio informaba al cardenal de todo lo que sucedía en el entorno del rey enfermo con la idea de que el cardenal a su vez informara al papa.

En nuestra trascripción hemos copiado literalmente las partes que se referían al estado de salud del ilustre enfermo y hemos suplido con puntos suspensivos aquellos otros argumentos, pocos, que en la correspondencia de estos días, se referían a otras cosas.

Para los iniciados en el tema es una bella ocasión de comprobar que cuanto escribió el nuncio coincide maravillosamente con cuanto expusieron otros

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testigos oculares de la enfermedad del rey en aquellas semanas. El principal es el P. José de Sigüenza, que en su obra Historia de la Orden de San Jerónimo, trata el argumento en los discursos XX-XXII del libro III. Tan ampliamente trata el P. Sigüenza el argumento, que estos textos han sido recogidos aparte en un folleto de 152 páginas, publicado en Madrid en 1928.

No fue el único que escribió de la última enfermedad del rey, de su muerte y funerales, pero es el más completo y tiene la ventaja de haber sido testigo presencial de la mayor parte de las cosas que narra.

Estos textos, tomados de dos volúmenes del Archivo Vaticano, uno del fondo Spagna y otro del fondo Barberini, como se indica al final de cada despacho, no han sido editados hasta la fecha por cuanto nos consta, y dada la importancia del personaje a quien se refieren, nos ha parecido importante darlos a conocer. Ellos confirman la piedad del rey, los dolores infinitos que hubo de soportar en sus últimas semanas, la intervención de los médicos, de los confesores del rey y de los infantes, del prior del monasterio y de algunos frailes, del cardenal de Toledo, etc., y los ejemplos dejados a cuantos fueron testigos de su vida en estos días, comenzando por sus hijos Felipe III y su hermana la Infanta Clara Eugenia.

II Documentos
  1. Del nuncio Camilo Caetani al Card. Aldobrandini El Escorial, 14 de agosto de 1598

Hoggi son giunto qua in S. Lorenzo per fare domenica prossima la consecratione del Sig. García de Loaysa, eletto di Toledo, la qual si farà con solennità et vi assisteranno li vescovi di Osma y di Segovia.

Ho trovato che Sua Maestà da quattro giorni in qua sta manco male, essendoli scemati li dolori che teneva, ma la febre tuttavia continua con due accessioni, hora maggiori, hora minori, in un gomito; et in un deto (sic) grosso della mano vi è concorso humore della medesima qualità dell’apostema che le fu aperta sotto il ginocchio. La debolezza è grandissima et tale che qualsivoglia minima cosa che sopravenga, li medici lo fanno spedito. Et, in somma, la comune opinione è che non sia per havere molti giorni di vita, et si teme dell’eclisse della luna, che sarà domenica che viene.

Sua Maestà è dispostissima alla morte et si trattiene in cose spirituali, et si raccommanda all’intercessione di molti santi, facendosi portare in camera

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diverse reliquie, come fece l’altro giorno, in particolare quelle di S. Ildefonso, che si fece condurre da Toledo.

Tutti li negotii patiscono. Vederò nondimeno, avanti che si parta, se potrò aver risolutione di alcuni...

Di S. Lorenzo, il dì 14 d’agosto 1598.

Ho fatto instanza di parlare Sua Maestà et dirli quello che Dio m’ispirerà per servitio della sua anima et benefitio del principe, suo filgiolo, et di questi regni, et toccarò qualche cosa della giurisditione... Non so se mi daranno audienza. Fratanto, per mezzo del confessore et di questi altri signori mi son lasciato intendere.

Sua Maestà non tiene persa affatto la speranza di vivere, ma li medici l’hanno pocchissima, perché la fiacchezza va crescendo et li vengono alcuni sudoretti che lo finiscono di risolvere, et le accessioni sono accompagnate con sonno. La matina sta bene et negotia et tiene l’intelletto vivacissimo.

Sta resignatissimo et il confessore et altri frati spesso le fanno dei ragionamenti, et sta in miglior dispositione che sia mai stato di lasciarsi consigliare.

Spero che la mia venuta non sarà infruttuosa se haverò tempo, et sarò diligente più che potrò nell’avvisare. Quando haverò parlato a Sua Maestà, io ne darò parte a V. S. Illma. Hoggi Sua Maestà ha inteso et veduto nel suo letto il vespro cantato in pontificale. Io ho fatto l’uffitio.

ARCH. VAT., Spagna, fol. 49, fol. 221r-222r (copia).

2
Del mismo al mismo
El Escorial, 17 de agosto de 1598

Scrissi a V. S. Illma. alli 14 del presente dandole conto dell’infermità di Sua Maestà et del mio arrivo a S. Lorenzo per la consagratione dell’elletto di Toledo. Hieri si fece la consagratione con gran solennità, in presenza delli serenissimi principe ed infanta1. Verso il tardo fui chiamato all’improviso da Sua Maestà, facendomi sapere che desiderava ch’io lo vedesse e lo benedicesse2.

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Lo trovai disteso nel letto, immobile et con estrema fiacchezza, ma con li sensi vivacissimi et con una serenità di volto et compositione d’animo mirabile. Mi fece sedere e io le dissi che mi doleva grandemente della sua grave infermità, ma che mi rallegrava d’intendere che tenesse così buona dispositione et circa la pacienza dei dolori et travaglio che pativa, et quanto alla resignatione nelle mani di Dio, il quale era dator della vita et signore di quella. Che questa era una delle maggiori mercedi et doni che le avesse potuto dare Dio, doppo tanta felicità dei regni et signoria et così longa potenza, concederle di poter conoscere che tutte le grandezze di questo mondo finiscono... (sigue una larga exhortación piadosa: le pide deje arreglado el tema de la jurisdicción... El rey se muestra dispuesto a la voluntad de Dios y a aceptar la muerte... Promete hacer lo que el nuncio le insinuaba... El rey hablaba fuerte y claro, aunque con esfuerzo... luego perdió vigor y la voz... Se habló luego del acierto del rey en elegir arzobispo a Loaysa y hacerle del Consejo de Estado, para bien de las cosas eclesiásticas...). Et dandole la beneditione, mi licentiai.

Doppo la mia partita intendo che sempre ha peggiorato, et questa notte, ch’è stata la luna piena et l’ecclisse, nel qual punto li medici sempre hanno dubitato, è stata inquietissima et li è sopravenuta tosse et humori nelle spalle et strettezza di petto et altri segni tutti mortali.

A me parse hieri tanto vivace nelli sensi, che giudicai potesse durare la sua vita per tutto questo mese. Hora si dubita di hore, nonché di giorni.

Et questo è il stato di Sua Maestà. Se non morisse così presto et che le servisse la lingua, giaché tiene per certo di morirsi senza dubbio, venirebbero a luce molte resolutioni buone, perché da gran credito al confessore et a chi le parla di devotione.

In quest punto, che sono le 24 hore, ho intesso che hoggi nella declinatione dell’accessione di questa notte si è alleggerito, ha parlato col principe solo quasi mezza hora, poi le ha parlato in compagnia dell’infanta, et ha mandato a chiamare il confessore, si è confessato et ha trattato che li preparino l’Estrema Ontione per la notte che viene, se farà bisogno, et ha voluto sapere come si fa questa cerimonia con ogni minutia. Ha dato gli ordini necessari di sua bocca per la sepoltura et essequie, segnalando molto particolarmente il modo et le persone che vi hanno da intervenire. Doppo gli è venuta l’accessione con grandissimo sonno, et si sta con timore perché le febri sono grandissime et la virtù è debilitata affatto.

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La conditione della febre è come ethica, et così si teme che potrà morir parlando. Io mi trovo qui irresoluto, et se vedrò che le cose vadino più avanti di quello che si pensa, me ne tornerò a Madrid. Frattanto non cesso di ricordare quel che mi pare che convenga all’arcivescovo elletto, del quale si servono più che d’ogni altro, et del confessore.

Hoggi ho parlato a Sua Altezza...

Molti Grandi hanno mandati qui persone per sapere come il re passa, ma fin qui non s’intende novità alcuna. Io dispacciarò corriero proprio quando vederò che Sua Maestà è diffidata affatto dai medici o quando fusse passato a miglior vita”.

Di San Lorenzo, a 17 d’agosto 1598. C. Patriarcha d’Alessandria.

ARCH. VAT., Spagna, vol. 49, fol. 223r-227v (copia).

3
Del mismo al mismo

El Escorial, 19 de agosto de 1598

“Scrissi hier sera a V. S. Illma. che si dubitava molto dell’accidente di questa notte passata, et che si preparava il sacramento dell’Estrema Ontione per il re. La notte è passata con maggior riposo et è stato...

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