La figura del favorito regio nelle 'lettere di Consiglio' e negli 'Essayes' di Francis Bacon: riflessi letterari dell? 'impeachment' del Lord Chancellor

AutorEleanora Lupini
Páginas339-367

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Premessa

La convinzione, maturata attraverso la lettura di una serie di monografie e di articoli, dedicati alla carriera politica di alcuni dei principali favoriti spagnoli della prima metà del XVII secolo2, della portata europea del fenomeno della privanza3e delle indubbie correlazioni che esso ebbe con le dinamiche istituzionali, politiche e cortigiane delle principali monarchie europee dell’epoca, costituisce il contesto scientifico di questo articolo, il cui obiettivo principale è quello di proporre un’analisi approfondita di alcuni scritti di Francesco Bacone (1561-1626), che sono in grado di fornire una serie di interessanti spunti di riflessione sulla figura del favorito regio nell’Inghilterra giacobita. Di Bacone, il

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presente articolo prende in esame due lettere di consiglio politico scritte dal filosofo tra il 1616 e il 1619 ed indirizzate al primo favorito inglese di Giacomo I, George Villiers, futuro duca di Buckingham (1592-1628)4, oltre ad alcuni degli Essays, che presentano una più o meno diretta correlazione con questa tematica5. L’analisi comparata di questi documenti permette di delucidare alcuni aspetti della ricezione teorica della figura del favorito regio da parte del filosofo inglese, dimostrando come nel corso degli anni egli seppe cogliere con sempre maggiore chiarezza non solo l’origine istituzionale, ma anche le conseguenze politiche negative di un monarca che governò attraverso l’ausilio esclusivo del proprio favorito.

I Le lettere di consiglio di francesco bacone a george villiers (1616-1619 ): un esempio di paideia politica
1.1. Ipotesi di datazione delle due lettere

Nel 1616, il filosofo Francesco Bacone, che all’epoca ricopriva la carica di Attorney General, ovvero di procuratore generale della monarchia inglese, compose, sulla scorta di una diretta e personale sollecitazione dello stesso destinatario6, una lettera di consiglio politico, indirizzata a George Villiers, astro nascente della corte giacobita.

La datazione del 1616 segue le indicazioni fornite da James Spedding, curatore della raccolta complessiva della corrispondenza di Bacone7. Lo Spedding, inoltre, ipotizza per la seconda delle due lettere una composizione più tarda: lo studioso, pur non fornendo né una datazione certa né una motivazione specifica per la riscrittura, sostiene, infatti, che la seconda lettera di consiglio sia una versione successivamente corretta ed ampliata della prima8.

È indubbio che l’ipotesi di datazione concernente la prima lettera non sollevi particolari problematiche, essendo suffragata da almeno due rilevanti elementi contestuali. Non bisogna, infatti, dimenticare che i contatti epistolari tra Bacone e Villiers ebbero inizio proprio nei primi mesi del 16169, anno durante il

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quale lo stesso George Villiers giunse ad essere unanimemente considerato il nuovo "favorito" di Giacomo I10, dopo la fine della carriera politica e cortigiana di Robert Carr, precedente privado dello Stuart.

Una più attenta analisi comparativa delle due lettere suggerisce, inoltre, la possibilità che anche l’ipotesi, avanzata dallo Spedding, di una riscrittura più tarda della seconda epistola, sia plausibile.

Ad avvalorare questa tesi, sono, infatti, elementi di natura contenutistica e compositiva, oltre che riferimenti extra-testuali. Dal punto di vista dell’analisi contestuale, la seconda lettera, infatti, è caratterizzata da una maggiore articolazione dei contenuti proposti e da una migliore chiarezza espositiva, indizi sicuri di un processo di rielaborazione che non può che collocarsi in una fase successiva alla stesura della prima epistola. La seconda lettera è inoltre soffusa dalla lucida consapevolezza dell’autore sia della novità rappresentata da George Villiers nel più ampio ambito del fenomeno dei favoriti regi11sia di quelle che furono le caratteristiche costitutive del suo ministeriat, storicamente delineatesi tra il 1619 e il 1620 circa. In particolar modo, come vedremo, il riferimento costante alla gestione del patronage regio e alla necessità che il favorito eserciti tale potestà in consonanza con i principi tradizionali di reclutamento della monarchia inglese sembra costituire un chiaro rimando a quella che fu la principale attività del futuro duca di Buckingham, a partire dal 162012. Tra la fine del 1619 e i primissimi mesi del 1620 si consumò, infatti, un radicale rivolgimento delle dinamiche della corte giacobita, che determinò la caduta in disgrazia dei principali membri della fazione cortigiana degli Howard, gruppo avverso al nuovo favorito di Giacomo I13. Tale cambiamento rimosse il

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principale ostacolo, che si frapponeva tra Villiers e una gestione esclusiva e semi-monopolistica del patronage regio. Dall’altro lato, il riferimento costante ai principi, che per tradizione presiedevano alla scelta degli ufficiali della Corona, sembra costituire un vero e proprio monito di fronte al radicale sovvertimento che di tali principi fece lo stesso Villiers, nel corso della propria carriera14.

Anche l’analisi dei riferimenti extra-testuali contenuti nella seconda lettera contribuisce a rafforzare l’ipotesi di una sua composizione più tarda, presentando indubbie consonanze con il pensiero politico di Giacomo I su temi di rilievo costituzionale, quali il ruolo della common law, la relazione esistente tra quest’ultima e la civil law e il rapporto tra momento legislativo e momento esecutivo della legge, laddove la prima epistola contiene giudizi di segno opposto. Nella prima versione, infatti, Bacone sottolineava la centralità della common law nel quadro della tradizione legislativa inglese. Secondo una formula linguistica ben nota e che riecheggiava alcuni dei passaggi più salienti della nota Apology parlamentare del 160415, Bacone definiva la common law come una vera e propria "Inheritance" o ancora un "Birth-right", un insieme di regole certe ed imprescrittibili, che i sudditi inglesi acquisivano al momento della nascita al fine di tutelare le loro libertà fondamentali. In questo contesto, inoltre, la common law costituiva un fattore di garanzia costituzionale, stabilendo un equilibrio ed un’integrazione perfetti tra i poteri di prerogativa del sovrano e le libertà dei sudditi inglesi: "Next, touching the Laws (wherein I mean the Common Laws of England) [...], they are the best, the equallest in the world between the Prince and the People; by which the King hath the justest Prerogative, and the People the best liberty [...]"16.

Nella seconda lettera di consiglio si assiste, all’opposto, ad un netto ridimensionamento del ruolo del diritto inglese, che, pur rimanendo uno degli elementi centrali della definizione degli ambiti di potere competenti al sovrano e ai sudditi, viene completamente privato di qualunque riferimento al carattere consuetudinario ed ereditario, dietro cui si adombra in fieri l’idea dell’originaria autonomia delle libertà fondamentali dei sudditi dal potere sovrano.

Tale ridimensionamento si attuava anche e soprattutto attraverso il riconoscimento del valore suppletivo e sussidiario del diritto romano o civil law, che per Bacone assurgeva ad imprescindibile strumento di risoluzione delle

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controversie internazionali17, in un’ottica del tutto simile a quella, più volte, proposta dallo stesso Giacomo I18. Accanto all’introduzione della civil law tra le fonti del diritto inglese, Bacone sottolineava, in modo del tutto originale rispetto alla prima epistola, l’importanza e la centralità del momento esecutivo, che a detta del filosofo, rappresentava la stessa "life of the laws"19, impiegando un’espressione del tutto simile a quella utilizzata dallo Stuart, e di cui si trova traccia sia nel Basilikon Doron sia nei più noti speeches del periodo inglese20.

La consonanza rilevata tra le posizioni politiche ed istituzionali espresse da Bacone e la teoria elaborata da Giacomo I, -una consonanza che, del resto, trova riscontro anche su altre tematiche di rilievo costituzionale, quali il ruolo del Parlamento21e i conflitti di competenza tra le diverse corti di giustizia22-,

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costituisce, a mio avviso, un ulteriore indizio che possa comprovare una composizione più tarda della seconda epistola. L’influenza teorica, che lo Stuart seppe esercitare su Bacone, a partire dal 1607, anno in cui il filosofo veniva chiamato a ricoprire la carica di Solicitor General, si venne, infatti, rafforzando nel biennio 1617-18, che coincise con le nomine del filosofo a Lord Keeper prima e a Lord Chancellor poi, nomine che determinarono una maggiore necessità di adesione da parte di Bacone alla politica dello Stuart. Tale affermazione risulta comprovata dall’importanza che Giacomo I riconobbe alla corte di Chancery, di cui il Lord Cancelliere era il presidente, nell’ambito di una trasformazione del sistema legale inglese, attuata attraverso l’applicazione alla giurisdizione equitativa, tradizionalmente propria di questo tribunale, di un sistema procedurale e di istituti desunti dal diritto romano23.

Un ulteriore riscontro di quanto appena affermato lo si rintraccia inoltre nelle parole dello studioso Malcolm Smuts, che descrive in tal modo il rapporto tra lo Stuart, da un lato, e i cortigiani e gli ufficiali della Corona inglese, dall’altro: "There was little point for a Jacobean courtier or diplomat in opposing the king’s beliefs, whereas a strategy of trying to guide him by appealing to his own convinctions and prejudices had a far greater chance of success"24.

In tale direzione andrebbero inoltre, anche considerazioni di natura storica ed istituzionale, che emergono dall’analisi...

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