Documenti inediti per la storia di Hernan Cortes e della conquista del messico conservati nell'archivio di stato di napoli

AutorImma Ascione
Páginas127-155

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1. L’arrivo a Napoli di sei inediti «cortesiani»

Presso l’Archivio di Stato di Napoli, nell’Archivio privato della famiglia Pignatelli Aragona Cortés sono conservate alcune importanti testimonianze collegate alla storia del Conquistatore del Messico, che non sono mai stati inseriti nei repertori dei documenti cortesiani finora pubblicati. Si tratta di sei atti cartacei, scritti tra il 1522 e il 1529, partiti dalla segreteria personale del futuro imperatore Carlo V, con firma autografa del sovrano1. In particolare, cinque di essi non appaiono nell’importante raccolta di José Louis Martìnez edita nel 19902e non sono neppure citati fra gli atti conosciuti, ma non inseriti nella medesima opera. L’unico documento già noto è la lettera spedita ad Hernàn Cortés il 4 novembre 1525 da Toledo, per informarlo dell’arrivo del licenciado Luìs Ponce de Léon, incaricato del giudizio di residencia nei suoi confronti. Si è ritenuto di inserire anche la trascrizione di questo atto, dal momento che quella proposta da Martìnez è tratta da una copia di segreteria, conservata presso l’Archivo General de la Naciòn di Città del Messico3.

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Grazie a recenti studi condotti sulla cosiddetta «Serie Messico» del fondo Pignatelli, è stato possibile ricostruire le vicende che hanno portato a Napoli i sei originali «cortesiani», conservati –fino al 1924– nell’Archivio dell’Ospedale del Gesù di Città del Messico, ora custodito presso l’Archivo General de la Naciòn.

L’importanza di questo grande complesso documentario per la Nazione messicana era da tempo evidente. Il governo federale, tuttavia, ne aveva riconosciuto la proprietà privata a favore di Giuseppe Pignatelli duca di Terranova con un atto del 3 settembre 1901, inviato dal Segretario d’Azienda e Credito Pubblico all’avvocato Sebastiàn Alamàn. In seguito, un tentativo di rivendica della documentazione appartenente all’archivio venne messo in atto nel 1919, quando l’allora Direttore dell’Archivio Generale della Nazione segnalò al Segretario de Gobernaciòn Antonio de P. Rodriguez, che gli atti originali relativi ai titoli dei terreni sui quali sorgeva il Palazzo Nazionale e numerosi altri documenti si trovavano non già negli archivi pubblici delle Segreterie, bensì presso i Patrones dell’Ospedale del Gesù. Trattandosi di documenti di chiaro carattere nazionale, la Direzione dell’Archivio riteneva che sarebbe stato opportuno richiedere la consegna degli stessi. In quella occasione però intervennne a difesa del proprietario Giuseppe Pignatelli la Legazione del Regno d’Italia in Messico, sostenendo che si trattava di carte di famiglia degli eredi Cortés.

Verso la fine del 1923 l’avvocato Orvañanos, procuratore in Messico della famiglia Pignatelli, diede l’incarico di esaminare l’Archivio al professor Francisco Fernandez del Castillo, investigador oficial dell’Archivo General de la Naciòn e membro dell’Accademia messicana di Storia4. Lo studioso trovò al suo interno sei documenti che ritenne importantissimi e di grande valore storico sia per il Messico che per la famiglia Pignatelli. Fu deciso perciò di spedirli in Italia al principe Diego Pignatelli con la valigia diplomatica tramite l’ambasciata italiana di Città del Messico. Il Ministero degli Esteri affidò al prefetto di Napoli il compito di recapitare il prezioso carico al destinatario finale, dove giunse il 1° giugno 1924.

La cartella conteneva sei carte originali, munite della sottoscrizione autografa del sovrano («Yo el Rey»), tutte datate fra il 15 ottobre 1522 e il 17 luglio 1529, ed erano accompagnate da un’accurata relazione di Fernandez del Castillo e da fotografie delle stesse5. Altre due copie delle foto erano state trattenute

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rispettivamente nell’archivio dell’ambasciata italiana di Città del Messico e nel cosiddetto «Archivio del Gesù».

La relazione di Castillo consente di scoprire molti elementi di notevole interesse legati all’Archivio di Cortés. Secondo lo storico messicano, i documenti da lui rinvenuti, al momento della sua scoperta, erano per la gran parte non solo inediti, ma del tutto sconosciuti, al punto da essere sfuggiti alle diligentissime ricerche di Lucas Alamàn. Quest’ultimo aveva tratto i suoi dati non già dai modesti originali in carta, bensì «de sus duplicados que en vitela con suntuosos capitales y finos dibujos existen en el mismo Hospital en el Archivo particular de los herederos del Marqués del Valle los s.res Duques de Pignatelli y Monteleone». In effetti poteva accadere che nella cancelleria spagnola al destinatario di un provvedimento sovrano venissero recapitati due originali di uguale valore probatorio, ma di diversa qualità estetica: un primo atto, che precedeva il diploma vero e proprio, veniva confezionato per lo più in modo semplice e rapido, di solito su carta, ma recava la firma autografa del re ed era valido a tutti gli effetti giuridici. Era seguito a distanza di qualche tempo dall’atto solenne, che recava una serie di simboli ed era destinato ad essere mostrato in pubblico, nonché per la conservazione ad futuram rei memoriam. Oltre a questi due originali, esisteva poi nella cancelleria sovrana la registrazione dell’atto, che aveva anche la funzione di cautelare il destinatario ed i suoi eredi dalla perdita accidentale di entrambi. Castillo si accorse che quelli che egli stesso definiva «documentos primitivos», ossia gli originali semplici, non solo recavano una data anteriore rispetto alle «copias de lujo», ma presentavano in qualche caso significative varianti.

La relazione dello storico si soffermava poi sull’esame dei singoli documenti, a partire dal più antico: «la orden para que las justicias regidores y habitantes de la Villa Rica tinieran a Cortés como gobernador y capitan general», datato da Valladolid il 15 ottobre 1522 e definito «sin duda el documento màs antiguo que existe en México»6. I documenti successivi, relativi ai divieti di armare spedizioni contro il Conquistador erano, secondo l’autore della relazione, completamente sconosciuti alla storiografia, ma di grandissima importanza per la conoscenza degli avvenimenti. Infine l’ultimo, ossia il titolo di Marchese del Valle concesso il 17 luglio 1529, era stato pubblicato da Alamàn e da altri storici, ma in versioni differenti da quella rinvenuta da Castillo stesso.

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2. Gli ordini del 15 ottobre 1522

In realtà, la relazione dello storico messicano non risulta del tutto condivisibile, soprattutto alla luce dei successivi studi e della pubblicazione di numerosi inediti «cortesiani» in epoche più recenti. Tuttavia i documenti giunti a Napoli nel 1924 rivestono comunque un interesse notevole nell’ambito della storiografia su Cortés e sulla conquista del Messico, come si ricava da un attento esame degli originali.

Gli atti che in ordine cronologico risultano essere i più antichi7sono datati da Valladolid il 15 ottobre 1522 e sono indirizzati il primo all’adelantado Diego Velazquez, capitano di Cuba, il secondo ai responsabili spagnoli degli uffici di Veracruz e di Segura de la Frontera.

Secondo Castillo, invece, il documento numero 1 corrispondeva all’ordine affinché «i giustizieri, reggitori e abitanti della Villa Rica considerino Cortés come Governatore e Capitano generale». La sua data è il 15 ottobre 1522 ed è senza dubbio il documento più antico che esiste in Messico. Oltre quest’ordine, l’imperatore Carlo V scrisse lo stesso giorno a Cortés una carta per ringraziarlo dei suoi servigi. Questo documento era ignoto ad Alamàn8Mentre il secondo, che a suo avviso «ha la data del 22 ottobre, ma senza dubbio fu ricevuto molto tempo dopo, dal momento che dovette essere trattenuto a L’Avana e in diverse isole perché si facessero le notifiche a cui si riferisce» sarebbe quello contenente «l’ordine a Diego Velazquez affinché non mandasse armate nella Nuova Spagna e se le stesse già preparando le bloccasse e se fossero ormai partite le facesse immediatamente rientrare». Anche questo atto è –secondo Castillo– «del tutto sconosciuto fino ad oggi».

In realtà, quelli citati dallo storico messicano non furono di certo gli unici due documenti spediti dal futuro imperatore il 15 ottobre. Nella stessa data infatti partirono almeno altre tre cedole, riportate da Luìs Martìnez nel volume I della sua collezione con i numeri 25, 26 e 27:

— La n° 25 è la vera e propria Real cedula de nombramiento de Hernàn Cortés como Gobernador y capitàn general de la Nueva Espana e instrucciones para su gobierno, inviata allo stesso Cortés, e pubblicata

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per la prima volta nel tomo XXVI della prima serie della monumentale Coleciòn dei documenti relativi alla scoperta delle Americhe9.

— La n° 26 è la Carta de Carlos V a Hernàn Cortés en que le da instrucciones para el gobierno de Nueva España y le anuncia el envìo de oficiales reales: documento correlato al precedente e conservato presso l’Archivo General de la Naciòn10, già pubblicato da Lucas Alamàn nelle sue Disertaciones11.

— Il documento n° 27 è la Real cédula en que se asignan à Hernàn Cortés los sueldos y otras concesiones. Questo atto non è indirizzato al Conquistador, ma è rivolto da Carlo V ad Alonso de Estrada («continuo de nuestra casa») e a Rodrigo de Albornoz («nuestro secretario, nuestro tesorero y contador»), che dovranno d’ora in avanti liquidare una serie di importi al Governatore e capitano generale per far fronte ai suoi impegni istituzionali12. Il totale delle spese ammonta a 1.105.000 di maravedìs l’anno.

I due documenti napoletani completano ed integrano quindi il ricco quadro degli ordini che partirono dalla Spagna nella stessa data del 15 ottobre 1522.

Di essi, quello che va...

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