Il "costituzionalismo storico" di León de Arroyal: una possibile lettura delle cartas económico-política?

AutorSimonetta Scandellari
Páginas185-229




Introduzione

1. L'interesse per le Cartas económico-políticas, redatte tra il 1786 al 1795, non si é ancora esaurito da quando nel 1967 Frangois López 1 annunciava che León de Arroyal (1755-1813) ne era l'autore, ponendo termine cosí ad una lunga época di incertezze e di false attribuzioni2.

2. Nel 1968 Antonio Elorza 3 aveva curato la pubblicazione della prima parte di quest'opera successivamente si aggiunse, nel 1971, l'edizione di José Miguel Caso González4 che, a seguito di una fortunata scoperta, riuscl a pubblicare le Cartas complete di entrambe le partí: sia la prima, giá edita da Elorza, sia una seconda, rimasta sconosciuta sino a quel momento. Non intendo soffermarmi su questo punto dal momento che esiste giá tutta una bibliografía che chiarísce le varié fasí di tale avvenímento.

3. II mió proposito é quello di riproporre alcuni aspetti del pensiero di Arroyal, un autore che continua ad offrire interessanti spunti di riflessione tanto in tema costituzionale, quanto in ámbito piü genéricamente cultúrale, entrambe le tematiche sonó necessarie per la comprensione di un periodo cosí pieno di sfaccettature quale fu il secólo XVIII.

4. Premesso questo, desidero rivolgere la mia attenzione soprattutto su di un aspetto dell'opera che emerge sugli altri e cioé il rapporto esistente tra la costituzione e la storia di un paese.

@I. Analisi critica della storia costituzionale spagnola.

5. L'indagine di Arroyal ha inizio dalla storia della Spagna, dal momento che ritiene metodológicamente necessario ricercare le cause dei problemi presentí nel passato.

6. Dalla lettura delle Cartas si deduce che oltre alia storia, l'altro tema dominante il pensiero di Arroyal si dipana attorno al tema della costituzione. Infatti, egli considera basilare per il raggiungimento del benessere della nazione la sua efficacia e bontá, cosí da affermare che: "Es verdad incontrovertible que la felicidad o infelicidad de un reino proviene de su mala o buena constitución...y por consiguiente cualquier trastorno en la constitución trae consigo grandes felicidades o infelicidades"5. Si puó quindi considerare questa premessa come il punto di partenza della sua elaborazione e misura delle soluzioni proposte.

7. Stabilito questo postulato, passa ad analizzare il sistema istituzionale della Spagna, indicando che: "La constitución de España siempre ha sido en el nombre de monarquía; pero en los hechos ha declinado muchas veces a la anarquía y al despotismo"6. Tale affermazíone viene ríbadita ¡n un altro passo in cuí, in modo ancora piü deciso, afferma addírittura che "en el día no tenemos constitución, es decir, no conocemos regla segura de gobierno: bien que ni se ha conocido en Castilla de muchos siglos a esta parte"7. Il nostro autore, in realtá, vuole portare alia luce il passato istituzionale del suo paese ( o, come scrive egli stesso: "el admirable cuerpo de las cortes primitivas"8) come un valido esempio di un governo equilibrato ossia di una forma "mista", l'unica che, a suo parere, consenta la partecipazione di tutti alia "cosa pubblica". Egli la riassume nella seguente formula: "hay un rei que manda...unos nobles que aconsejan...y un pueblo que concurre a representar o admitir lo que ha de obedecer"9, cosí che in Aragona, se il re non rispettava il giuramento, si considerava sciolto dall'obbligo di obbedienza anche il reino poiché il vincolo si basava sulla reciprocitá del patio10. Ció significa che considera una buona costituzione quella che prevede la sottomissione del re alie leggi del regno11 e tale teoría porta a due ¡mportanti conseguenze e cíoé: "la primera, que la autoridad legislativa reside en el rey unido a su reino; la segunda, que el poder del rey no puede extenderse más allá del poder de las leyes"12.

8. Riferendosi, poi, all'ordinamento castigliano, sostiene che tutte le volte in cui I' equilibrio tra le varié componenti del regno (re, nobili, popólo) non venne osservato ( "han extendido su poder más de lo que a cada uno corresponde"13), sia per la debolezza del sovrano, sia al contrario, per avere quest'ultimo esercitato il potere in maniera autoritaria, la costituzione "ha padecido vicio"14, mentre la "perfezione di una monarchia" consiste appunto nel rispetto di tali equilibri.



9. Appare evidente come in questo primo approccio alia storia istituzionale spagnola, l'ideale del nostro autore si manifesti legato ad una visione medievale della ripartizione del potere. Proprio basandosi su questi principi, egli valuta l'attivitá politica dei vari re spagnoli, da Alfonso XI a Cario II, dimostrando attraverso l'analisi degli avvenimenti storici, la necessitá di mantenere tale bilanciamento poiché l'esperienza insegna che ogni volta che questo é stato spezzato, a causa della preponderanza di una parte sulle altre - in genere per lo strapotere della nobiltá15 - il paese ne é stato indebolito.

10. Secondo il nostro autore, la decadenza della Spagna é cominciata rispettivamente, con i regni di Enrique II, Juan I, Enrique III, Juan II16 sino ai Re Cattolici che, al contrario, tentarono di ristabilire "poco a poco la soberanía que hoy tienen nuestros reyes"17, ma nonostante tutto, Isabel e Ferdinando, "se fueron con tiento en tocar a los grandes, y jamás se determinaron a sojuzgarlos18. Attribuisce pero, alio stesso tempo, a questi sovrani il mérito di avere fomentato il commercio e conservato buona parte della "libertad civil que yo pienso fue la más principal causa de su prosperidad"19.

11. Riassumendo brevemente quanto sino ad ora esposto, si puó affermare che Arroyai nel suo esame storico evidenzia soprattutto due problemi che si trascineranno nel tempo: 1- la povertá della popolazione spagnola causata dalle guerre incessanti, dalla rapacitá del ceto nobiliare e dall'istituzione di conventi che insieme all'istituto del maggiorascato aveva immobilizzato buona parte delle terre produttive; 2- la debolezza politica dei re insieme alia loro oggettiva incapacita di governare.

12. Un altro aspetto importante del ragionamento svolto dal nostro autore, a proposito dell'antica costituzione20, si riferisce al "patio"21 stipulato tra il sovrano e il popólo, che affonda le sue radici nella legge naturale. II riferimento, in realtá, si limita al regno aragonese che viene indicato appunto come modello di "governo misto" di cui egli aveva dato la definizione sopra indicata. Per ribadire quanto affermato, Arroyai pone come esempio, tratto dalla storia, il deciso atteggiamento assunto dai sudditi del regno di Aragona nei confronti della politica intrapresa dal re Fernando - con la manifesta intenzione di quest'ultimo di instaurare un regime "assolutistico" - dando "a entender a la nación que el rey tiene todo su poder independiente en todo de ella, y que por consiguiente no hay más ley que su voluntad"22.



13. Tale intento venne frustrato poiche si scontro con la forte opposizione degli aragonesi che gli fecero capire che "el poder de un monarca no se extienda más allá de los términos que le señalan las leyes fundamentales de su monarquía"23 e inoltre gli ricordarono che il compito dei re é quello di regnare "para hacer justicia"24.

14. L'esempio riportato é in perfetta armonia con le teorie esposte fin qui dove il modello costituzionale indicato era quello relativo ad un potere ripartito tra le diverse partí del regno e dove la sovranitá risiedeva nel "regno" riunito nelle Cortes, secondo quanto stabilivano le leggi fondamentali del paese.

15. La situazione istituzionale descritta soffrl un cambiamento con l'arrivo in Spagna di Cario di Gand e dei suoi "fiamminghi" i quali, oltre ad appropriarsi degli incarichi e delle prebende piü remunerative, lo indussero a introdurre un differente sistema di governo.

16. Arroyal critica la politica imperiale di Cario V soprattutto per due ragioni: la prima é económica poiche "esta elección acabó de arruinar la real hacienda"25, nonostante riconosca che, durante questo regno, vi fu un grande sviluppo dell'industria26. La seconda causa é istituzionale e dimostra l'introduzione di un governo accentrato nelle mani del monarca poiche Cario: "hízose absolutamente independiente del reino, y quedó derogado en la sustancia aquel derecho que los pueblos tenían que examinar por sus diputados juntos en Cortes los grandes asuntos del estado..."27.

17. La conseguenza immediata di questa politica assolutista fu la perdita del potere da parte delle Cortes cosí che l'imperatore non incontrando resistenza alcuna, "impuso los pechos que quiso, y arregló o dispuso las leyes a su modo de pensar, sin que las Cortes sirviesen de otra cosa que de afirmar lo que por la corte se les tenía ordenado"28, tanto é vero che a Villalar e a Segovia vennero distrutte le liberta castigliane.

18. Appare evidente da quanto affermato in queste pagine che si va giá delineando quella dicotomía che sará una costante del pensiero dell'autore delle Cartas, tra il regno di Castiglia da un lato e quello di Aragona, con i propri rappresentanti istituzionali riuniti nelle Assemblee del regno, dall'altro. A ció si aggiunga la descrizione di una situazione negativa che dominó per un lungo periodo di tempo, ossia quella del mondo cortigiano dove consiglieri e ministri si adoperavano per realizzare soltanto il proprio interesse.

19. Il dispotismo introdotto da Cario V si manifestó in modo ancora piü palese con Filippo II che consideró "que no era decente a quien mandaba el mundo, obedecer las leyes de cada una de sus más pequeñas provincias"29 .

20. Il principio dell'assolutismo che possiamo sintetizzare con la nota massima quod príncipi placuit legis habet vigorem (trasformato nel refrán castigliano: allá van leyes donde quieren reyes, ricordato da Arroyal30) fu catastrófico per la Spagna che, applicandolo, perdette parte dei suoi domini. I sudditi dei Paesi Bassi, infatti, resistettero agli ordini di Madrid vedendo "quebrantados sus derechos"31 e si ribellarono anche a causa dell'lnquisizione che "quería obrar en Bruselas como en Madrid"32.

21. Fu inoltre a causa...

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