La prima cosa bella: uno sguardo alle cure palliative

AutorCristiane Avancini Alves
CargoPost-Dottorato in Diritto. Scuola Superiore Sant?Anna, Pisa, Italia.
Páginas48-55

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"La prima cosa bella": uno sguardo alle cure palliative

Anna Nigiotti coniugata Michelucci affronta ogni situazione con un sorriso, con i figli per mano, e al canto di "La prima cosa bella" prova ad allontanare i momenti difficili avvicinandosi alla vita. Nella Livorno degli anni settanta, la sua espontaneità e femminilità sono vissute intensamente. Durante l’estate del 1971, è eletta la "mamma più bella" del concorso di Miss Pancaldi, un evento della stagione estiva livornese di questo stabilimento balneare, localizzato nella regione Toscana. Il fatto é l’inizio di una serie di littigi e posteriori scompigli nella storia della famiglia Michelucci: dal ex-marito geloso che da lei non si allontana completamente ai due figli che seguono strade diverse, si arriva ad un momento delicato. Giunta allo stadio terminale di una lunga lotta contro il cancro e nel letto di un hospice, Anna raduna attorno a se, nuovamente, tutta la sua vita.

Il film italiano La prima cosa bella1racconta la storia di Anna attraverso il riavvicinamento con il figlio Bruno, che ha sempre amato questa madre esuberante e bella. Valeria, sorella di Bruno, è decisa a riconciliare il fratello col passato e col genitore. Precipitatasi a Milano alla vigilia della dipartita della madre, chiede a Bruno di seguirla a Livorno. Riluttante, lui si dispone a fare questo viaggio a ritroso nel tempo e a riallacciare una relazione che aveva troncato molti anni prima, durante l'adolescenza.

Una delle particolarità narrative della storia è l’alternarsi del tempo vissuto tra Anna e i suoi figli. Le prime scene mostrano il concorso di belezza, e dagli anni settanta si fa un salto all’attualità. Valeria non solo convince Bruno a tornare a Livorno per rivedere la madre ma, durante il viaggio in macchina, gli dice che "mamma è peggiorata, l’hanno trasferita alle palliative perchè la chemioterapia non fa più effetto". La scena seguente mostra una situazione interessante: lo stupore di Bruno al percorrere i corridoi di un hospice, appunto quello dove la madre è ricoverata. Chiede alla sorella "Ma che posto è Non sembra nemmeno un’ospedale...".

Questo commento e momento del film sollevano punti importanti di riflessione. Le cure palliative, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), consistono nell’approccio che migliora la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie di fronte al problema connesso con malattie mortali attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo di un’identificazione precoce e di valutazione e trattamento impeccabili del dolore e altri problemi, fisici, psicosociali e spirituali2. Dal latino pallium (mantello, pallio, termine che oggi caratterizza il pallio papale, una stola in lana d’agnello che simboleggia la pecorella smarrita che il buon pastore si carica sulle spalle), il

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termine cure palliative indica le cure prestate ai malati terminali allo scopo di migliorarne la qualità della vita, piuttosto che prolungarne la sopravvivenza.

La definizione dell’OMS è fatta immagine concreta in diverse scene del film. Sopra il letto di Anna vediamo fotografie della famiglia. Nelle altre stanze, pazienti che praticano la yoga, ascoltano musica, guardano i programmi preferiti in televisione, trasmettono la naturalità del vivere quando la vita arriva al suo traguardo. Bruno, arrivato all’hospice e dopo essersi addormentato di fronte alla camera della madre, si sveglia e non la vede al letto, la cerca e la trova nella sala tv insieme ad altri paziente, e sente da uno di questi: "è tua mamma Se io avessi vent’anni e qualche settimana in più davanti...". Anna è ancora la bella e vivace mamma del concorso di miss Pancaldi, attirando ammiratori e spargendo la sua allegria di vivere anche se in un avanzato punto della malattia.

In questo senso, le cure palliative consistono in una progressiva percezione dell’importanza di non togliere dal paziente terminale la sua propria identità. L’osservazione di Bruno quando afferma che l’hospice non sembrava un’ospedale ritratta, altrettanto, un cambio di concetto dello sguardo sulla morte che si intravede nelle attuali discussioni riguardo il c.d fine vita. La tecnologia ha determinato lo sviluppo della biomedicina, che si riflette nella ricerca della cura e in un adeguato trattamento sanitario. Gli ospedali sono diventati luoghi dove la tecnica e la scienza possono essere applicati a vantaggio del malato, tramite gli strumenti ed i professionisti che puntano alla sua guarigione. Intanto, la guarigione, se percepita come meta assoluta nel trattamento clinico, allontana la naturalezza della morte. Questo fatto può accadere perchè lo sviluppo delle tecnologie rivolte all’area medica spingono i professionisti a cercare la manutenzione della vita, ma il limite tra l’uso di questa stessa tecnologia come strumento e non come fine ultimo per il bene del paziente diventa stremamente tenue.

Nel film, questo limite non è mai messo in discussione, appunto perchè il trattamento rivolto ad Anna è basato nel rispetto alla sua identità e volontà, e non ad una guarigione ad ogni costo. Bruno stesso si sorprende, dopo il loro incontro, al vederla allegra e comunicativa con gli altri pazienti nella parte esterna dell’hospice. La scena mostra un giardino verde e luminoso, che si affaccia sul mare. In questo momento, durante il quale riceve le indicazioni del medico responsabile del trattamento della madre, Bruno gli dice: "ma lei non mi sembra in fin di vita".

È importante ammettere che Anna è un personaggio speciale, in cui l’ottimismo è una costante ed è un elemento che la fa affronttare qualunque avversità. Nel viaggio nel tempo, si passa dall’hospice alla scena in cui il marito geloso espulsa Anna ed...

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