Danni permanenti alla persona e tecniche di risarcimento

AutorTommaso Arrigo
Cargo del AutorProfessore di Dipartimento di Giurisprudenza Università di Genova
Páginas61-78

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I L’art. 2057 C.C. Sul danno permanente alla persona: il risarcimento tramite rendita vitalizia. Il risarcimento tramite capitalizzazione come tecnica legislativa prevalente

Il danno permanente alla persona è una categoria legislativa di danno in quanto il codice civile contiene una norma specii ca (art. 2057 c.c.) in base alla quale il giudice, tenuto conto delle condizioni delle parti e della natura del danno, può provvedere alla liquidazione dello stesso anche sotto forma di rendita vitalizia1.

La disciplina di cui all’art. 2057 c.c. rappresenta una novità rispetto al previgente codice del 1865, introdotta allo scopo di ampliare le tecniche di risarcimento, unitamente all’altra modalità prevista dall’art. 2058 c.c. sulla reintegrazione in forma specii ca, quest’ultima peraltro inapplicabile alla materia del danno alla persona.

La norma, nel prevedere la rendita vitalizia in luogo di una somma in un’unica soluzione, intende disciplinare soltanto l’ultima parte del giudizio risarcitorio, cioè quello relativo alle modalità di corresponsione della somma al danneggiato, mentre

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non riguarda, essendone il presupposto, l’accertamento dell’an e del quantum debeatur 2.

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Trattandosi di una modalità eventuale, rientrante nella discrezionalità del giudice, si può, peraltro, ritenere che la tecnica ordinaria di risarcimento consista nella capita-lizzazione della somma, senza che tuttavia detta modalità sia prevista espressamente da alcuna norma in materia di responsabilità civile, risultando, invece, desumibile, a livello interpretativo, dalla disciplina delle obbligazioni in generale e, segnatamente, da quella specii ca delle obbligazioni pecuniarie (artt. 1277 ss. c.c.).

Pertanto, è corretto ricavare che vi sia una duplicità di tecniche legislative di risarcimento della somma al danneggiato: quella ordinaria tramite capitalizzazione e quella eventuale tramite rendita vitalizia.

È, peraltro, interessante rilevare che la modalità risarcitoria della rendita vitalizia è stata quasi totalmente disapplicata dalla giurisprudenza per due ordini principali di ragioni: da un lato, l’inopportunità della formazione di un vincolo duraturo tra il danneggiante ed il danneggiato, con impatto anche sulle garanzie da prestare da parte del debitore altrettanto gravose di quelle prevedibili per la capitalizzazione anticipata; dall’altro lato, l’opportunità per la vittima di disporre immediatamente della somma integrale per poter impiegare le risorse economiche nella riorganizzazione comples-siva della propria situazione conseguente al danno subito.

Tuttavia la decisione in proposito è di competenza del giudice di merito il quale esercita il proprio potere discrezionale nella valutazione della sussistenza, nel caso concreto, dei presupposti previsti dalla norma (condizioni delle parti e natura del danno); una volta che sia stata compiuta la valutazione dell’opportunità della liquidazione del danno nella modalità della rendita vitalizia, la decisione del giudice di merito risulta incensurabile in sede di controllo di legittimità3.

Compiuta la determinazione della somma come rendita vitalizia, il debito di valore si converte in debito di valuta e non può più essere oggetto di revisione, salvo

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l’ipotesi del peggioramento delle condizioni patologiche del danneggiato, dovuto al sinistro4.

La decisione discrezionale del giudice di merito di ricorrere alla liquidazione mediante la condanna alla corresponsione di una rendita vitalizia può riferirsi all’intero ammontare spettante al danneggiato oppure ad una particolare voce di danno permanente.

In proposito, giova il riferimento ad una relativamente recente pronuncia della Suprema Corte5che non ha accolto il ricorso riguardante la liquidazione del danno emergente (specii catamente relativo alle spese di assistenza da prestarsi da terzi in misura di otto ore al giorno), così come dei nita in sede di appello, in base alla quale il responsabile del fatto illecito era stato condannato a corrispondere il quantum del risarcimento di tale voce di danno patrimoniale sotto forma di rendita annua vitalizia (pari ad euro 27.889), da pagarsi in due ratei semestrali anticipati, previa rivalutazione, di ciascun pagamento, secondo gli indici Istat.

La Corte d’Appello (di Bologna), infatti, aveva confermato la decisione di primo grado, la quale aveva quantii cato il risarcimento relativo al danno patrimoniale da danno emergente nella forma della rendita vitalizia, mentre, per il danno biologico temporaneo, danno biologico permanente, danno morale e danno patrimoniale da mancata produzione di reddito, aveva condannato il responsabile al pagamento di una somma complessiva (pari ad euro 841.938) da corrispondere una tantum.

I ricorrenti avevano impugnato la decisione di secondo grado, contestando la determinazione delle spese di assistenza e la loro corresponsione sotto forma di rendita, sulla scorta del fatto che, a loro avviso, «la costituzione della rendita, ancorché in astratto consentita dall’art. 2057 c.c., non può essere adottata solo per una componente del danno sulla scorta di una inutilizzabilità dei coefi cienti di sopravvivenza di cui al R.D. n. 1043 del 1922, utilizzato al contrario per le altre voci di danno, ma dovrebbe in ipotesi concernere l’intero danno in quanto sostenuto da idonea e congrua motivazione».

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La censura viene risolta dal Collegio con l’affermazione che: «la liquidazione del danno permanente sotto forma di rendita vitalizia ex art. 2057 c.c. ben può avere per oggetto solo una voce del danno totale».

La liquidazione del danno permanente alla persona può avvenire mediante rendita vitalizia in quanto valutato opportuno dal giudice di merito, mentre tale modalità liquidatoria non può essere imposta da una decisione in sede di legittimità, median-te la cassazione della pronuncia che avesse concesso l’ordinaria liquidazione della somma capitale. Appare, invece, possibile che il giudice di legittimità possa invitare il giudice di rinvio ad adottare tale tecnica liquidatoria qualora la pronuncia di merito sia stata affetta dal vizio di motivazione consistente nel non aver considerato una particolare voce di danno.6.

La rendita vitalizia può essere utilizzata allo scopo di liquidare il danno da perdita della capacità di guadagno subita in conseguenza dell’invalidità permanente residuata all’infortunio, nella specie mediante la determinazione della rendita pari al reddito percepito all’epoca del sinistro7.

Nel presupposto della già segnalata scarsità di precedenti giudiziari, pare opportuno richiamare, in quanto emblematiche della relativa casistica, due decisioni assunte in sede di merito, nelle quali i giudici hanno optato per il risarcimento nella modalità della rendita vitalizia in quanto, le peculiarità del caso concreto, rendevano maggiormente preferibile, a giudizio dei rispettivi giudicanti, tale tecnica liquidatoria.

Il primo caso, più recente, si riferisce ad una pronuncia del Tribunale di Genova8 riguardante il risarcimento del danno dovuto per colpa professionale del sanitario in

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una diagnosi tardiva di malattia tumorale. La Corte, nel ritenere presente un danno risarcibile di natura «insieme biologica, morale, patrimoniale ed esistenziale», premette che una valutazione equa non possa prescindere dalla considerazione per cui rispetto alle normali tabelle di calcolo applicate – tutte basate sulla durata media della vita delle persone – il calcolo debba tenere conto dell’aspettativa di vita oggettivamente più limitata dell’attrice.

Di conseguenza, è effettuata l’opzione per una liquidazione dei danni diversa dal solito criterio della capitalizzazione futura dei medesimi, bensì incentrata, da un lato, per quanto attiene al periodo già trascorso (quattro anni) sui danni già maturati, dall’altro lato, per quanto riguarda il danno futuro, sulla rendita vitalizia ex art. 2057 c.c. da parametrarsi in relazione alle aspettative limitate di sopravvivenza e da quantii carsi in una somma mensile pari ad una frazione della somma liquidata una tantum per i danni già maturati. Spettando all’attrice una somma arrotondata ad euro 130.000 per i danni pregressi, vengono condannati in solido i convenuti al pagamento per l’intera vita dell’attrice al pagamento di una rendita pari ad euro 2.500 mensili da aggiornarsi annualmente secondo l’indice Istat.

Il secondo caso9si riferisce ad una decisione della Corte di Appello di Roma riguardante la richiesta di risarcimento danni avanzata, nei confronti dei medici e della struttura ospedaliera, dai familiari in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale, per le lesioni procurate al nascituro da errata prestazione medica al momento del parto.

I giudici i ssano nel raggiungimento del ventiseiesimo anno di età il momento del presumibile inizio dell’attività lavorativa del soggetto se non avesse subito la lesione con postumi invalidanti, allo scopo dell’attribuzione del danno patrimoniale da lucro cessante e del danno emergente. Quest’ultimo è rappresentato dalla necessità per la danneggiata di essere quotidianamente assistita e curata, successivamente al compi-

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mento dell’anno di età indicato quando verrà a cessare il compito assolto a tale riguardo dai genitori; l’importo viene quantii cato con criterio equitativo in una spesa mensile (tre milioni di vecchie lire), ritenuto dalla Corte verosimilmente destinato ad aumentare nel tempo.

Dall’analisi della casistica risulta in dei nitiva come i...

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